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Home Società

Coronavirus, il lato psicologico della pandemia

di Francesco Militello Mirto
in Società
Dottoressa Francesca Aneli, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
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L’emergenza dovuta alla pandemia di COVID-19 mette a dura prova la nostra salute psicologica, ma anche quella degli adolescenti.

Le preoccupazioni e l’incertezza aumentano con l’aggiornamento quotidiano dei dati su contagio e sulla letalità del virus, ma soprattutto dopo il decreto del 9 marzo che ha cambiato drasticamente le nostre abitudini quotidiane, restringendo al minimo i nostri spostamenti e le nostre attività allo scopo di contenere l’epidemia.

Abbiamo chiesto alla Dottoressa Francesca Aneli, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, di spiegarci questo momento dal punto di vista psicologico.

Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Ci spiega meglio questa specializzazione?

Lo psicoterapeuta è un professionista che a seguito della laurea in psicologia o medicina abbia acquisito una specifica formazione teorica e pratica della durata di 4 anni presso una scuola di Specializzazione riconosciuta dal MIUR. Esistono diversi approcci psicoterapici. La terapia Cognitivo-Comportamentale è ad oggi considerata uno dei modelli più efficaci per la comprensione e cura dei disturbi psicopatologici.

Più precisamente?

Nello specifico, l’approccio cognitivo-comportamentale identifica “una sinergia tra emozioni, pensieri e comportamenti” mettendo in luce come i problemi emotivi siano il risultato di credenze irrazionali che a lungo termine si cronicizzano e generano sofferenza psichica. L’obiettivo della terapia consiste nell’aiutare la persona a cambiare i modi di agire e di pensare associati a questa sofferenza.

Come sta svolgendo il suo lavoro in questi giorni di totale isolamento?

La premessa a questa risposta è che lavoriamo con la persona. Con questo intendo sottolineare che il mio lavoro non si può fare a distanza. Personalmente lavoro con molti bambini e la relazione terapeutica implica essere in costante sintonia con loro, dare continuamente dritte per procedere e mantenerli agganciati per consentire livelli di attenzione funzionali ai loro apprendimenti cognitivi e relazionali.

Difficile in questi momenti di distanziamento sociale.

Esatto, non potendo svolgere terapia a distanza il contatto è con i genitori, con i quali, sulla base delle specifiche difficoltà riportate nella gestione quotidiana vengono supportati con suggerimenti pratici. Nel complesso, l’intento è di riuscire a riconoscere i limiti e le esigenze di ognuno adottando specifiche soluzioni. Non tutto va bene per tutti!

Come spiega il momento ai suoi pazienti?

La spiegazione sul Coronavirus anche in questo caso varia in base alle competenze dei bambini e dei ragazzi. In ogni caso però il messaggio che ovviamente esplicita emozioni quali paura e disorientamento per ciò che viene trasmesso, viene compensato da un atteggiamento ottimistico e rassicurante.

Con quali obiettivi?

Principalmente l’obiettivo è quello di spiegare il momento, per giustificare lo scombussolamento delle routine quotidiane e poi perché è corretto che i bambini e ragazzi siano consapevoli di ciò che accade intorno a loro. Si procede in molti casi anche con l’ausilio di strategie visive nei casi in cui la comprensione del messaggio verbale è compromessa.

I ragazzi autistici come vivono questo periodo?

Anche in questo caso le risposte non sono uguali per tutti. In generale le risposte sono state inizialmente negative poiché senza nessun preavviso le loro abitudini quotidiane sono state stravolte. Molti dei nostri ragazzi sono costantemente impegnati su vari fronti: la scuola, le terapie, lo sport ecc. Questi impegni continui e costanti rappresentano preziose opportunità di integrazione sociale e sono un vero antidoto all’isolamento. Tra i suggerimenti dati alle famiglie, in particolare è l’invito a mantenere le giornate organizzate per quanto possibile e scandirle in tempi ben definiti durante il giorno. La prevedibilità è rassicurante e supporta la gestione del tempo.

Molti ragazzi hanno sottovalutato il problema del contagio e sfidando i divieti sono usciti da casa.

Credo che questo abbia a che fare con un impostazione socioculturale che implicitamente ci orienta ad una lettura dei comportamenti che abbiamo osservato. A mio avviso questi ragazzi non possiedono le categorie per decodificare ciò che avviene intorno a se’. L’assenza o la scarsa incidenza dei modelli educativi di riferimento corretti che li orientino alla cultura della legalità’, la deprivazione socio-culturale possono essere l’effetto scatenante di queste trasgressioni. “C’è molto da fare per questi ragazzi e occorre fare rete“.

Gli adolescenti che chiusi in casa stanno comunicando attraverso i social. Riusciranno a tornare alla normalità e a relazionarsi con persone fisiche?  

In questa epoca di nativi digitali assuefatti ai social e agli smartphone il mio augurio intanto è che i ragazzi stiano assumendo consapevolezza in merito “alla bellezza delle relazioni”. Dal mio punto di vista sono possibili diverse direzioni: da un lato per chi soffre l’esposizione sociale, l’evitamento esperienziale e la mancanza di esposizione potrebbero determinare un adattamento non positivo al rientro, (stare a casa e mettersi poco in discussione è comunque rassicurante) dall’altra magari si potrà assistere ad una sorta di fuga dalla prigione per recuperare ciò di cui si è stati deprivati. Tutto dipende sempre dalle risorse presenti in ogni persona e dalla flessibilità psicologica che favorisce il migliore adattamento di fronte ai cambiamenti siano essi positivi che negativi.

Cosa possiamo suggerire alle persone che soffrono di ansia, depressione e attacchi di panico?

Suggerisco di chiedere aiuto, nessuno sceglie di essere ansioso, depresso o altro. Non colpevolizzarsi ma ascoltare se stessi e i propri vissuti ed esternare le proprie ansie. Lavorare sulla consapevolezza che eventi come questi amplificano i vissuti emotivi negativi e soprattutto cercare di rispettare un organizzazione quotidiana che aiuti a mantenersi impegnati mediante un recupero di ciò che per ognuno può costituire uno svago.

Cosa ci resterà di questa esperienza?

Il mio augurio è che resterà non soltanto a breve ma anche a lungo termine. Ad ognuno comunque resterà qualcosa, intanto la deprivazione aumenta la desiderabilità delle cose. Dal vincolo di restare di casa ognuno di noi ha messo in discussione se stesso, sperimentando nuovi vissuti, nuove abilità. Forse metteremo in discussione ciò che credevamo prioritario prima. Questa esperienza ci ha ridotto all’essenza delle piccole cose e inevitabilmente i giovani ne stanno traendo insegnamento.

Auguro a tutti di farne tesoro ed uscirne migliori!

Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports

Tags: adolescentiCoronavirusCOVID-19emergenza sanitariagiornalismoIntervistamedicinaPalermopandemiapsicologia
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