Cari lettori,
questa settimana per tantissimi studenti si è concluso l’anno scolastico. Tra gli studenti (intendo di ogni fascia di età, dalla scuola materna al liceo) ci sono i nostri bambini, i ragazzi speciali. Oggi mi voglio soffermare su questo importantissimo e delicato argomento. Quale importanza ha la scuola per favorire la crescita e l’inclusione delle persone con disabilità.
Da 1 a 100 la risposta è ancora più alta di 100. Ma perché’ la scuola è importante? Partiamo dal principio: ogni bambino che mostra avere una difficoltà sul piano intellettivo/relazionale deve intraprendere necessariamente un percorso mirato alla costruzione di competenze che possano compensare il gap tra le richieste dell’ambiente e le sue effettive abilità.
Ciò comporta che la famiglia del bambino dovrà attivarsi seriamente per la costruzione di una rete sociale che possa supportare, accogliere e valorizzare le competenze acquisite dai bambini che devono quindi lavorare, imparare e partecipare ai gruppi terapeutici finalizzati alla condivisione, al rispetto delle regole e tolleranza all’altro.
Ma perché lavoriamo così tanto?
Lavoriamo affinché ciò che imparano possa essere speso e “generalizzato” in ambiente naturale. Il contesto che favorisce in assoluto la spendibilità delle competenze è la scuola. Quando si parla della scuola si fa riferimento a un contesto fatto di persone che hanno un valore assoluto per la crescita. E le persone, non solo gli insegnanti di sostegno, sono gli insegnanti prevalenti ma sono soprattutto i compagni.
La risorsa compagni rappresenta una condizione essenziale per far sì che si verifichi una reale inclusione in grado di travalicare anche i confini scolastici, ma non si attiva compiutamente in assenza di particolari procedure che gli educatori devono conoscere e mettere in atto (Cottini 2011). Lucio Cottini, grande pedagogista ha posto questo concetto qualche anno fa ma è più che attuale e purtroppo non sempre attuato. Alla base dell’aiuto, dell’accompagnare occorre consapevolezza. Spesso i compagni non conoscono, non sanno dare un nome ai comportamenti che osservano nei loro compagni speciali.
Il risultato è che disconoscere porta o ad evitare o a ignorare e spesso in alcuni casi, soprattutto nei ragazzi molto competenti ma con deficit relazionali ad episodi di bullismo.
Se spiegassimo ai bambini/ragazzi che il loro compagnetto/compagno si comporta in quel particolare modo apparentemente incomprensibile perché non riesce a comunicare come tutti gli altri, così come i disturbi sensoriali che amplificano all’eccesso la percezione degli stimoli, unitamente alle strategie usate per favorire l’apprendimento cognitivo e relazionale, i risultati sarebbero in assoluto positivi.
Il miglioramento inoltre è reciproco in quanto da un lato arricchisce i nostri bambini speciali ma dall’altro rappresenta un enorme crescita esperienziale per i compagni che in futuro saranno adulti pronti con un bagaglio emotivo per fronteggiare tutte le situazioni di vulnerabilità che oramai sono sempre più presenti nel nostro vivere quotidiano.
Stiamo assistendo purtroppo a un decadimento socioculturale in cui dominano il consumo, il protagonismo di minori che sono riflesso di genitori che spesso tentano variegate compensazioni che coincidono con l’offrire beni materiali e un modello di competitività che non per assurdo li porterà nel tempo allo stremo delle proprie risorse emotive. Si pone allora la necessità di soffermarsi sull’aspetto emotivo dell’educazione. Accostarsi alla fragilità, all’accoglienza, all’aiuto, alla valorizzazione dell’altro assicura un inevitabile percorso di crescita che rende per forza vincenti, nella scuola e nella vita.
Questa settimana ho avuto il piacere di visualizzare tante foto di bimbi che hanno ottenuto il diploma della scuola materna o elementare con commenti delle loro mamme emozionate e gratificate da ciò che è stato fatto per i loro figli. Questo significa che è stato fatto un buon lavoro da parte di tutti (insegnanti, bambini, genitori).
Facciamo in modo che questo non sia l’eccezione ma la regola. Facciamo in modo che diventi la normalità!
Buona riflessione a tutti in particolare a genitori e insegnanti che sono i promotori della crescita dei bambini, futuri adulti.
Di Francesca Aneli – EmmeReports