Oggi presentiamo lo scultore siciliano Alberto Criscione, che ha appreso i rudimenti della scultura nella bottega del padre, a Ragusa. È palese nella sua opera sia il dato reale che la volontà di stravolgerlo, coinvolgendo l’osservatore in una visione onirica e affascinante.
Occorre sicuramente un momento di iniziazione che ci permetta di entrare nel suo universo: cosa è l’arte per lei?
Sciamanesimo puro. Nonostante il sentire tecnologico noi siamo ancora come gli uomini che lasciavano le loro impronte nelle caverne. L’arte è proprio il tentativo di afferrare quel senso di mistero che ci pervade, il sogno di conoscere e di esplorare mondi nuovi, reali o mentali che siano.
Il fondamento magico dello sciamanesimo come si manifesta nel suo processo creativo?
Ho delle convinzioni molto salde: in primis quella di sperimentare materiali naturali, come l’argilla, pigmenti e colori per la ceramica, combinandoli tra loro, magari aggiungendo inserti di legno o di metalli vari. In secondo luogo viene la creazione delle forme, a cui segue il rito della cottura che rappresenta un processo alchemico oltre che una ulteriore interazione con gli elementi naturali. Senza questa forza propulsiva e interattiva non potrei creare.
La sua opera ci svela qualcosa di essenziale dell’uomo che è ancora inappagato?
Anonymus Canonicus fa parte di una serie di sculture il cui fulcro ruota intorno al bisogno di trascendenza, che è archetipico nell’uomo. L’essere umano è ancora alla ricerca di messaggi provenienti da altre dimensioni: la sfida sta nel cercare di interpretarli, in questo la nostra fantasia ha avuto e ancora oggi ha un ruolo determinante.
Anonymus Canonicus è una scultura in argilla semi-refrattaria, policroma multi materica: cosa cracconta?
Spinge a interrogarsi sulla metafisica del corpo umano, sul mistero della trasformazione e del continuo mutamento di tutte le cose che stanno nell’universo. Questa, così come le altre opere del progetto, sono raffigurate in uno stato di sospensione, come in una volontà di ascesi. Sono corpi consunti, pieni di crepe e di solchi, con l’innesto di elementi astratti, quasi a figurare una metamorfosi in atto.
Questo è l’aspetto concreto, il continuo rigenerarsi della vita; quello spirituale, invece, come si evidenzia?
Le mie sculture raccontano l’uomo, ciò che le accomuna è il bisogno di assoluto o per meglio dire la necessità di dare un significato alla propria esistenza: partendo da uno spazio finito, tendere all’infinito. Io accentuo il paradosso della condizione umana, unica ma generica al tempo stesso. Per il breve lasso di tempo che ci appartiene, sembriamo tutti elementi transitori, semplici comparse, eppure la nostra presenza sulla terra è un’opera di straordinaria complessità e bellezza.
La sua arte ha anche una parte simbolica?
Sì, la scultura è connotata da un elemento astratto: la fibra dorata che sembra fuoriuscire dal corpo è il simbolo della dynamis o forza motrice che regola la vita, in un continuo stato di mutamento.
Come definirebbe la Biennale?
Un momento in cui si incontrano vari sentimenti e percezioni dell’Universo. Oggi è importante che l’arte lavori sul senso del sacro, perché viviamo in un’epoca in cui l’uomo pensa di poter mettere le mani proprio su ogni cosa: dovrà pur esserci qualcosa ancora di intoccabile!
BIAS a Palermo, ha un particolare significato per lei?
Sì, perché vivo in questa città ormai da nove anni; io vengo da Ragusa e dopo varie tappe tra Danimarca e Toscana, Palermo mi ha adottato. Ho accolto le sue contraddizioni, la sua luce e il suo mare. Palermo è una città di storia e di cultura, eppure ha così pochi luoghi che ospitano l’arte contemporanea, ne vorrei proprio vedere di più!
Alberto Criscione, una meditazione sull’uomo come parte di un tutto originario e ancestrale.
Alberto Criscione a BIAS 2020 Palermo Loggiato di San Bartolomeo fino al 12 settembre 2020
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
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