“Io mi sono resa conto di non avere mai conosciuto mio nonno Mario, quando ho sentito una sua intervista dove aveva una cadenza siracusana così forte che mi ha scioccata e mi ha fatto capire di non conoscerlo veramente, anche se grazie ai racconti di mio padre lui era presente in ogni cosa, in ogni compleanno, in ogni aneddoto” aveva detto Silvia Francese, nipote di Mario e figlia di Giulio, poco tempo fa, durante una serata, al Real Santa Cecilia, dedicata agli eroi uccisi a Palermo dalla mafia. “La sua assenza è stata una fortissima presenza e mi è mancato, da adulta, perché mi rendevo conto di non poterlo abbracciare, ma mio padre me lo aveva fatto vivere con i suoi racconti, talmente con tanta forza da non sentirne la mancanza. Anzi ne ho sentito la forza e l’orgoglio per ciò che aveva fatto in vita”
La sera del 26 gennaio 1979, il giornalista Mario Francese usciva, per l’ultima volta, dalla redazione di via Lincoln del Giornale di Sicilia. Stava tornando a casa, da sua moglie e dai suoi figli, dopo un’intensa giornata di lavoro. A pochi metri dalla sua abitazione di viale Campania, ad aspettarlo c’era Leoluca Bagarella, killer dei corleonesi sui quali il cronista aveva scritto numerosi articoli, portando alla luce, per primo, le scellerate azioni della cosca guidata allora da Luciano Liggio.
Mario Francese pagava con la vita, ad appena 54 anni, il suo coraggio e il suo fiuto di cronista, venendo assassinato a colpi di pistola, davanti la sua abitazione.
Da quella tragica sera, il cronista nato a Siracusa, purtroppo, entra a far parte di un lungo elenco di giornalisti, ben otto, che in Sicilia, hanno pagato con la loro vita, l’amore per la professione e un costante impegno sul fronte dell’informazione sulla mafia.
Davanti la sua casa di viale Campania, oggi c’è una lapide a ricordare la vita e il lavoro di Mario Francese.
Questa mattina alle nove il giornalista è stato ricordato, nel corso di una sobria cerimonia, ridotta nelle presenze e nella partecipazione a causa dell’emergenza COVID, dal Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Giulio Francese, figlio del cronista del Giornale di Sicilia.
Presente il segretario regionale dell’Assostampa Siciliana Roberto Ginex, il presidente del Gruppo Cronisti Siciliani, aderenti all’UNCI, Giuseppe Lo Bianco. “Mario Francese resta un modello per tutti i giornalisti e per coloro che hanno intenzione di intraprendere questa professione che, ovviamente è molto cambiata in questi anni” ha affermato Roberto Ginex “il ricordo è fondamentale perché con esso si esercita la memoria che per noi è un dovere civile”.
Alla cerimonia era presente anche il sindaco Leoluca Orlando che ha deposto un cuscino di fiori sulla lapide che ricorda l’assassinio. “A 42 anni di distanza dalla sua morte, ricordiamo ancora Mario Francese, cronista, vittima di un tempo in cui raccontare la mafia era raccontare del legame fra criminali e politica, raccontare l’intreccio fra affari e politica. È anche grazie al lavoro di Francese e di tanti giornalisti Palermo è oggi più libera dal giogo criminale” ha dichiarato oggi il sindaco Orlando.
Anche il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha voluto ricordare Mario Francese: “Parlare di Mario Francese significa parlare della migliore storia del giornalismo in Sicilia. Perché il cronista del Giornale di Sicilia è stato uno dei primi a intuire i cambiamenti all’interno di Cosa Nostra e a descrivere l’ascesa al vertice dei corleonesi e le collusioni con i colletti bianchi, pubblicando, con coraggio, nomi e cognomi dei responsabili. Una scelta che ha pagato con la vita. In una giornata come questa rinnovare il ricordo non è uno sterile esercizio di retorica, ma uno stimolo per tutti noi a riflettere a fondo sul ruolo strategico che l’informazione libera deve ricoprire all’interno della società come presidio stabile di legalità e di democrazia”.
L’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà ha ricordato sui suoi canali social, il cronista ucciso dalla mafia: “Il suo giornalismo d’inchiesta era scomodo, coraggioso e libero; il suo impegno civile era contrassegnato dalla costanza nel condurre inchieste difficili, spesso molto rischiose; la sua missione, per cui perse la vita, era quella di indagare e rivelare anche le verità più scomode, come quella sugli interessi criminali nella diga Garcia”.
“Mario Francese è stato, è e sarà da esempio ai moltissimi colleghi giornalisti che auspicano di avere il suo acume e la sua impavidità, diventando cronisti schietti, capaci di raccontare i fatti, girare la penna nelle piaghe putrescenti della società, denunciare il crimine sempre e comunque, proprio come lui” ha aggiunto il “giornalista” Samonà.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports