Continua il percorso di rigenerazione sociale del quartiere Sperone di Palermo voluto e preteso da Antonella Di Bartolo, dirigente dell’Istituto Comprensivo Scolastico Sandro Pertini, dove ieri mattina è stato presentato il volume “Guttuso” scritto dal critico d’arte e giornalista John Berger. Un’occasione per far conoscere le opere del pittore siciliano Renato Guttuso agli alunni dello Sperone e del Liceo Scientifico Cannizzaro di Palermo.
“L’iniziativa si chiama Un po’ di possibile, dove la scuola è un luogo delle possibilità, dove è possibile parlare di Berger, di Guttuso o fare una passeggiata nel quartiere, per farlo conoscere a persone che, magari, non si sono mai accostate allo Sperone”, ha dichiarato la preside. “Ma anche dove è possibile progettare insieme nuove occasioni, nuove possibilità per i nostri ragazzi e per riflettere sui luoghi vissuti quotidianamente o sui propri desideri, provando a fare di tutto per realizzarli”.
Riappropriarsi delle proprie strade, avere delle strutture funzionanti, una finestra al posto di un muro di mattoni, magari un bar o un posto dove potersi ritrovare. Questi i desideri dei bambini dello Sperone che, invece, dovrebbero essere dei diritti garantiti dalle Istituzioni. “La scuola è un luogo dove è possibile riflettere sulle proprie prospettive e immaginarsi realizzati in percorsi belli, legali, sani, possibilmente rimanendo a Palermo”, ha aggiunto la Di Bartolo.
Il libro di John Berger fu scritto nel 1956 in inglese e poi tradotto in tedesco e in russo. La versione originale persa dal suo stesso autore è riemersa soltanto nel 2022. “Sono convinta che le cose non appaiono così per caso, devono avere una destinazione”, ha affermato Maria Nadotti, curatrice del volume. “Il testo riappare nel gennaio dell’anno scorso in questa cantina di Ginevra, me lo mandano immediatamente perché io traduco John Berger. L’ho proposto a Sellerio. Mi piaceva l’idea che questo testo tornasse a casa, a Palermo, con un editore palermitano”.
Il libro rappresenta un’analisi lucida e appassionata dell’opera di Renato Guttuso, considerato dallo stesso autore “il più importante pittore dell’Europa occidentale”, ma anche un saggio che descrive i luoghi, la luce e i colori dell’Italia e, in particolar modo, della Sicilia. John Berger è considerato “il narratore d’arte che aiutò Guttuso a farsi conoscere nel mondo”.
Come ha raccontato Maria Nadotti, nella prima versione della Battaglia del Ponte dell’Ammiraglio esposta alla Biennale di Venezia, il giovane Guttuso incarna tutti i valori artistici e politici in cui il giovane John Berger credeva. In quella tela, l’autore inglese trova un compagno, un fratello, una condivisione di pensiero e di tecnica.
“Guttuso è in qualche modo l’idea che l’arte possa servire come strumento di liberazione, che possa essere in qualche modo un potenziamento della vita contro ogni forma di oppressione”, ha spiegato Marco Carapezza, docente dell’Università di Palermo e fratello di Fabio Carapezza Guttuso, figlio adottivo e unico erede di Guttuso. “Lo Sperone sarebbe stata una fonte notevole. Il punto è la nostra capacità di ritrovare nelle cose del pittore quello che ci interessa. Pirandello parla a tutto il mondo ma racconta Girgenti e i pettegolezzi di una farmacia di Girgenti. È l’autenticità che ci interessa. Guttuso è un pittore autentico”.
“Le sue opere sono al Modern Art, nelle grandi collezioni tedesche, nelle grandi collezioni inglesi, John Berger o i grandi critichi americani si sono occupati di Guttuso”, ha continuato il professor Carapezza. “Ma è proprio nella capacità di raccontare piccole verità, con autenticità e con gli strumenti della pittura, per arrivare poi alle grandi verità. E poi siamo noi a ritrovarci in quello che questi grandi personaggi hanno fatto sul piccolo”.
A vivacizzare l’argomento interessante ma impegnativo dell’arte di Renato Guttuso ci ha pensato l’attrice comica palermitana Teresa Mannino: “L’artista impegnato in che senso? Nel senso che fa tante cose? Non ci penso sinceramente, non è un obiettivo, a volte è una necessità, a volte un istinto”.
“Ero curiosa di stare con i ragazzi e con i bambini”, ha spiegato la Mannino. “Adoro stare con i giovanissimi e sono sempre curiosa quando ci sono i ragazzi. Volevo capire come si potevano appassionare a una figura come quella di Guttuso, un artista vero. Quindi è impossibile scindere l’arte con l’impegno, altrimenti rimani in superficie. Se entri nel profondo è naturale che parli della realtà e del mondo in cui vivi”.
L’attrice palermitana vive tra Milano e Palermo. Non era mai venuta in questa scuola. Conosce lo Sperone come quartiere, ma non lo frequenta tantissimo, perché, come per molti palermitani, ci sono delle zone off limits, come lo Zen, lo Sperone o Danisinni. Le abbiamo chiesto perché secondo lei i bambini dello Sperone aspirano a diventare barbieri o muratori, piuttosto che Astronauti o attori.
“Ci sono dei lavori che non sai che esistono”, ha continuato la Mannino. “Anche io quando ho fatto la comica, non pensavo esistesse come lavoro, non immaginavo potesse essere un lavoro con cui viverci. Secondo me si può fare la rivoluzione facendo anche i panettieri, come per esempio capita a Davide Longoni a Milano che, con i suoi grani che viene a recuperare in Sicilia e col suo modo di fare pane, fa una piccola rivoluzione. Quindi si può fare la rivoluzione facendo qualsiasi mestiere, non necessariamente facendo il politico o l’artista, si può fare tantissimo anche facendo lo spazzino, cioè pulendo e prendendosi cura della propria città. Anche questo è un modo per fare politica e per fare una rivoluzione”.
Nella sua opera John Berger afferma che “l’Italia è un paese lavorato a mano”. Perché? Abbiamo chiesto all’attrice palermitana. “Tu vedi la presenza dell’uomo dovunque. A Palermo ci sono tante eccezioni, quindi un muretto non è mai dritto ma c’è sempre un pezzo che è rotto, perché là ci deve passare il gatto, c’è quell’altro che c’ha il tubo che gli serve per attaccarsi l’acqua. Quindi l’uomo si vede magari troppo. Ecco ogni tanto noi siciliani dovremmo nasconderci un po’! Però è bello! Ti fa sentire così coccolato, così caldo, però dovremmo trasformare questa presenza in cura, quindi non essere presenti solo fisicamente”.
La vulcanica Antonella Di Bartolo ha voluto salutarci affermando che “Guttuso era così tanto attratto dalla vita reale, dal sudore, dalla stanchezza, ma anche dal desiderio di tempo liberato che, secondo me, allo Sperone avrebbe trovato una dimensione bellissima, perché qui c’è tanto impegno, c’è tanta fatica, ma anche tanto desiderio e tanta voglia di leggerezza.
Di Francesco Militello Mirto e Victoria Herranz – EmmeReports