Nadine Abdia, 40 anni, rappresenta la Comunità tunisina al Comune di Palermo. Libera professionista con una laurea in Criminologia e in Lingue, membro fondatore di vari coordinamenti nazionali ed internazionali dedicati ai giovani di seconda generazione e alle donne migranti.
Nadine che valore ha per te l’8 marzo?
Le mie origini appartengono ad un paese che festeggia le donne per ben due volte l’anno: l’8 marzo per la Giornata Internazionale della Donna e il 13 agosto per la Festa Nazionale della Donna Tunisina. La Tunisia è un paese che ha una storia di battaglie al femminile che risalgono a tempi lontani.
Eppure quando si pensa alla Donna nei Paesi arabi…
Già dal 1956 il Presidente Bourghiba ha abolito la poligamia, il dovere dell’obbedienza, il ripudio, il matrimonio forzato ed infine la legalizzazione del divorzio. Ad esempio, ha conferito alle donne il diritto di voto, ben prima della Svizzera, dove sarà introdotto a livello federale solo nel 1971, e del Portogallo, che aspetterà ancora tre anni.
Nel 1973, le donne tunisine hanno ottenuto pure la depenalizzazione definitiva dell’aborto: anche in tal caso, ben prima di tanti Paesi europei. Inoltre, la Tunisia ha reso obbligatoria la scolarizzazione per entrambi i sessi (più del 60% dei laureati sono DONNE) e favorito in ogni modo il controllo delle nascite.
Nel 2017 la Tunisia è stato il primo Paese arabo ad approvare la legge contro la violenza e i maltrattamenti sulle donne e per la parità di genere.

Però sono sempre più diffusi femminicidi, discriminazioni sui luoghi di lavoro, marginalizzazione e subordinazione all’uomo.
Ovviamente in Tunisia, come in Italia, non tutto ciò che riguarda le donne ha un segno positivo. Per esempio, le leggi e le politiche messe in atto non sono riuscite a proteggerle dalle più varie forme di violenza sessista. Assistiamo a un incremento allarmante di violenze, stupri e femminicidi, anche in Paesi avanzati quali gli Scandinavi, dove al vertice della triste classifica è presente la Danimarca.
Parli dei femminicidi, giusto?
Sì, in questi giorni ho fatto delle ricerche e ho trovato le foto ed i nomi di 75 donne uccise nel 2019, 15 dall’inizio dell’anno ad oggi. Donne massacrate dai mariti, dai compagni, dai fidanzati, donne uccise per mano di chi li doveva proteggere.
E per ognuna di queste donne mi sono sentita profondamente violata, perchè sia chiaro che lo spirito di appartenenza di genere ci deve legare le une alle altre senza nessun tipo di frontiera perchè uguali sono i soprusi, uguale il dolore, uguale il diritto di ribellarsi. Perchè il diritto alla vita che molte donne perdono per mano degli uomini che dicevano di amarle è sacro, e solo stando unite, a testa alta e non girando lo sguardo dall’altra parte che certe tragedie potranno essere evitate.
Sindaco/a, assessore/a, ministro/a sono gli esempi di uno scontro per l’emancipazione anche nel lessico: giusta battaglia o inutile presa di posizione femminista?
Non credo siano queste le battaglie da fare, io Nadine Abdia sono DONNA, GIOVANE e MIGRANTE, un tripletta maledetta che mi fa ridere davanti a certe sottigliezze, i problemi sono ben altri. Ad esempio, malgrado la migrazione in Italia ormai è arrivata ad essere anche di 3 generazione sono veramente pochi i casi di una reale integrazione sociale e lavorativa.
Difficile l’integrazione in generale, ma particolarmente per le donne…
Esatto, le donne straniere presenti in Italia rappresentano il 52% del flusso migratorio, un dato che parla di femminilizzazione di questo fenomeno e che è destinato ad aumentare, sia per la crescente richiesta di colf e badanti da parte delle famiglie italiane, sia per il crescente numero di ricongiungimenti familiari e dei matrimoni misti.
Sempre più donne hanno il coraggio di emigrare alla ricerca di un benessere economico, culturale o di un rifugio politico, e sempre più donne straniere sono vittime di discriminazione etnica e di genere soprattutto nella ricerca di un’occupazione.
Una vocale cambia poco, il riconoscimento della professionalità e del lavoro svolto cambia invece tanto.
Quale è per te una donna “simbolo” sia nel campo artistico che in quello politico/sociale?
Ne ho tantissime, ma visto che la mia idea si concentra sul fatto che “ogni giorno è donna” non ne nominerò nessuna e se mi è permesso, dedicherei questo 8 marzo e tutti quelli a venire, alle mamme migranti e prima fra tutte la mia.
Perché se essere donna migrante è un universo complesso e caleidoscopico, costituito da relazioni, emozioni, affetti, spesso anche frustrazioni ed umiliazioni, che recano con sé un notevole bagaglio di istanze sociali essere mamma migrante o di migrante è una solitudine che non augurerei a nessuno e che almeno oggi vorrei colorare con l’allegria della mimosa.
Nadine Abdia, posso allora augurarti un buon 8 marzo?
Certo e mille volte SI all’8 marzo, a qualsiasi giornata che ci permetta di confrontarci su tutto questo.
di Antonio Melita – EmmeReports