Un medico, tutti i giorni, esce di casa per visitare i pazienti poveri dei quartieri di Napoli. È ricercato per la sua generosità ma soprattutto per il “suo intuito nel diagnosticare” le tantissime malattie che flagellano la povera gente. Il suo nome è Giuseppe Moscati.
Dovremmo anzi scrivere San Giuseppe Moscati e, nel giorno della festa di tutti i papà, va a lui il ricordo in questi momenti difficili dove tantissimi “suoi colleghi” medici (e infermieri) stanno combattendo una guerra contro il COVID-19: un nemico invisibile.
La stessa guerra che combatteva negli anni ’20 il medico nativo di Benevento che, senza concedersi particolari svaghi “se non andare al cinema o al teatro”, aveva fatto della sua vita una missione per aiutare la povera gente di Napoli.
Tantissimi gli aneddoti sul “Medico Santo” come quello relativo al tenore Enrico Caruso, a cui rivelò – dopo essere stato tardivamente consultato – la vera natura del male che lo condusse alla morte: una pleurite infetta.
Perché Giuseppe Moscati, oltre ad essere un grande uomo di fede, era un medico con un intuito diagnostico elevato che mise “gratuitamente” al servizio dei pazienti più poveri.
Il 12 aprile 1927, giorno della sua morte, era stato ancora giorno di visita e per confermare la statura morale di San Giuseppe Moscati ripeschiamo dall’archivio le dichiarazioni della sua ultima paziente:
“Mia madre, quando il medico Moscati si dilungava a parlare, lo invitava a fare presto e lui le rispondeva: “non si preoccupi, nessuno se ne andrà senza essere visitato” “Era sereno, una serenità dolce”.
In quel giorno, la notizia della sua morte si diffonde rapidamente tra i vicoli di Napoli: “è morto il medico santo”. Giuseppe Moscati era morto stremato sulla poltrona, dello studio medico sempre aperto alla povera gente.
Il 25 ottobre 1987, il medico Giuseppe Moscati diventa ufficialmente Santo, lui che Santo, per la povera gente di Napoli, lo era già negli anni ’20.
di Antonio Melita – EmmeReports