Gli animali di BANKSY sono esposti a Palazzo Trinacria, in quella che appare come un’arca rovesciata perché la sala è sormontata dalla struttura lignea di un grande scafo marittimo, simbolo della tradizione di armatori della dinastia Barbaro. Anche il significato delle opere è rovesciato: ribalta il costume dell’occidente, già dai tempi di Esopo, di guardare agli animali per parlare degli uomini. Mentalità che, passando per Orwell, ha raggiunto il suo culmine con la cultura popolare statunitense dove ogni animale rappresentato nei cartoon non è altro che un uomo o una virtù sotto mentite spoglie.
La prospettiva di BANKSY, al contrario, prende l’animale per quello che è: un essere diverso da noi ma che spesso ci guarda e lo fa sempre senza maschera. Proprio per questo ha la capacità, secondo l’artista, di portare messaggi privi di ipocrisia, dicendo chiaramente ciò che invece la società nasconde. In una città, e soprattutto nelle periferie, da chi siamo osservati con maggior frequenza? Sicuramente dai topi, che convivono coi nostri rifiuti e trovano nella trasandatezza delle strade un instabile rifugio.

BANKSY li descrive anche a parole e non sono solo i protagonisti di molte sue creazioni: “Esistono senza permesso. Sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in una tranquilla disperazione tra la sporcizia. Eppure sono capaci di mettere in ginocchio intere civiltà”. I roditori di BANKSY sono presi dall’immaginario di un altro street artist, il francese Blek Le Rat, che nel corso degli anni ’80 li disseminò per Parigi. BANKSY ne ha realizzato una serie nota come Placard Rats, cioè Topi con cartello, che hanno artisticamente infestato i muri di Londra.
Ne abbiamo scelto uno pacifista, dall’aria indignata, che solleva un classico cartello da manifestante su cui campeggia la scritta ‘Vattene finché sei in tempo’. In altre opere appaiono scritte come ‘Perché non valgo niente’ oppure ‘Benvenuto all’inferno’: sono ratti che ci guardano e attraverso la voce di BANKSY diventano lo specchio impietoso di una società degradata.

Proprio contro questa cultura che divide per censo, per razza e per credo, BANKSY scaglia la sua arte irriverente. Forse troviamo in un suo ricordo la giusta chiave per leggere una vita di lotta: “In fondo alla strada dove sono cresciuto c’era un tabellone pubblicitario gigante, sotto ci abbandonavano le vecchie auto e le ragazze facevano marchette. Sul tabellone campeggiava un tubetto di dentifricio grande tre volte le case, ma i proventi di quella pubblicità non arrivavano agli abitanti”. Eppure ai residenti ghettizzati del quartiere popolare arrivava qualcosa: la messinscena di un mondo migliore, raccontata fin dall’infanzia, creando una realtà di animali-uomini che di fatto illudevano e ammaestravano i propri lettori. È il mondo disneyano e tutta quella produzione che, secondo BANKSY, nasce per corrompere l’infanzia e inculcarle modelli finti e irreali, ma adatti a giustificare questa società classista che uccide la speranza di un futuro solidale.
Per cinque settimane nel 2015 BANKSY riuscì a tenere aperto un festival di arte, intrattenimento e introduzione all’anarchia, ad oggi la sua più grande installazione a cielo aperto, realizzata con altri creativi al lido marittimo Tropicana, in Inghilterra, nel Somerset. È il Dismaland Bemusement Park, un parco divertimenti anti-Disneyland che lo stesso artista definì ‘non adatto ai bambini’.

Dismal, cioè tetro, lugubre e Land, terra, non era affatto un parco divertimenti ma un momento di riflessione per indicare al pubblico una via di consapevolezza. Contro il potere ma soprattutto contro l’ipocrisia, con la volontà di ridare anche alla natura la propria dignità cancellando la pagliacciata di trasformare gli uomini in finti animali per rendere più digeribile la trasformazione in gregge del ceto medio.
In questo contesto, proprio a Dismaland, BANKSY presenta anche il serpente che ingoia Topolino, Mickey Snake. Una scultura in fibra di vetro, poliestere, resina, acrilici lunga quasi tre metri che potrebbe sembrare ironica se non si riesce a cogliere la tragicità della sua denuncia sociale.

RITRATTO DI IGNOTO. L’artista chiamato BANKSY
a cura di Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa
Loggiato di San Bartolomeo Via Maqueda, 81 e Palazzo Trinacria Via Butera, 24
dal 7 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021 – Orari: da martedì a venerdì dalle 9 alle 20, sabato e domenica dalle 10 alle 20. Ingresso intero 8 euro, ridotto 6 euro, scuole 4 euro.
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports