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“Italiani, brava gente”. La mia esperienza da embedded

di Redazione
Home Società

Posso affermare, senza ombra di dubbio, di essere tra quegli italiani fortunati che la parte migliore del nostro Paese l’ha conosciuta. Ho visto, ho compreso, ho apprezzato. Ho provato anche a raccontarlo, con le mie cronache da Paesi lontani. Sui quotidiani, poi nei miei libri. Ho visto, ascoltato, ho raccontato. Spesso mi sono anche emozionato. Ho fotografato, ho indagato. Poi ho lasciato scorrere la penna ed ho raccontato.

Esiste, io l’ho vista, un’altra Italia. Quella che non si lamenta; quella che da il meglio di se. Esiste un Paese straordinario, fatto di persone normali che nel loro agire esaltano l’eccellenza assoluta del vivere. Persone in divisa, per scelta. Carabinieri, soldati in mimetica, che spesso indossano un casco blu delle Nazioni Unite. Militari che lavorano gomito a gomito con altri militari, americani, tedeschi, sloveni, turchi, si anche turchi ecc. Soldati, uomini di pace. A Kabul, a Baghdad, a Beirut, a Pristina, nel Corno d’Africa. Un lavoro silenzioso svolto ogni giorno senza pretendere nulla.

Appagati dal solo sorriso dei bambini negli orfanotrofi; da una mano portata al petto in segno di saluto e gratitudine in un campo profughi. Ho visto il tricolore sventolare sui mezzi impolverati nelle strade sterrate, sabbiose, dell’Iraq, dell’Afghanistan, salutato da mani pregne di gratitudine. Ho incontrato poi i nostri diplomatici, persone normali con un fare eccezionale, che si fanno chiamare per nome e non gradiscono che li si appelli con Eccellenza.

Ricordo la solarità di Alessandra di Pippo ad Erbil, in Iraq; la cortesia di Stefano Pontecorvo a Kabul; ancor prima la semplicità di Michael Giffoni a Pristina. Persone normali che rendono la semplicità dell’agire eccezionale. E’ la bellezza del nostro Paese, spesso dimenticata in Patria ed esaltata ed apprezzata all’estero. Ne parlano tutti soltanto quando purtroppo accade, ed accade, che lasciamo sul campo le vite spezzate di uomini normali che dunque poi consideriamo eccezionali. Non gli riconosciamo mai, prima, quel valore assoluto dell’esempio del loro agire. Lo facciamo sempre dopo, tutti.

E’ accaduto con Nicola Calipari, ucciso  per riportare a casa la Sgrena. Lo stiamo facendo ora con Luca Attanasio, ucciso nella Repubblica Democratica del Congo insieme ad un valoroso carabiniere della scorta, Vittorio Iacovacci. Lo abbiamo fatto al rientro in Patria delle salme dei nostri caduti a Nassiriya, in Iraq, era il 12 novembre del 2003, uno degli attentati più cruenti: un camion bomba esplose davanti all’ingresso della base italiana dei carabinieri. Nella deflagrazione rimasero uccise 28 persone, 19 italiani di cui 2 civili, e 9 iracheni. Lo abbiamo fatto ad ogni rientro delle salme avvolte dal tricolore dei nostri caduti in Afghanistan, tra il 2010 e il 2013, nella missione italiana in Afghanistan, 54. Ma dura poco. Poi guardiamo oltre e dimentichiamo.

Ci siamo dimenticati infatti del massacro di Kindu del 1961, quando furono brutalmente assassinati 13 aviatori italiani della 46esima Brigata Aerea dell’Aeronautica Militare, sempre in Congo. Portatori di pace anche all’epoca. Siamo fatti così, nel bene e nel male. Siamo un Paese straordinario ma lo dimentichiamo, così come ci siamo dimenticati di padre Dall’Oglio da oltre sette anni scomparso in Siria. Anche lui portatore di pace. Siamo un Paese che ha bisogno di dare valore alle nostre eccellenze, che non sono quelle osannate in TV dal Grande fratello, da quella “spazzatura” televisiva che crea modelli sociali distruttivi.

Abbiamo bisogno di ricordare quello che siamo davvero, non quello che ci dicono di essere. Italiani, “brava gente”.

Di Lorenzo Peluso – EmmeReports

Tags: AfghanistanAmbasciatoreEmbeddedgiornalistaitaliaitalianiLorenzo Pelusomilitari
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