Parliamone, di soldi. Parliamone di interessi economici in ballo, facciamolo ora che tutti sono distratti dalla necessità di garantire diritti umani ad un popolo, ad un Paese di cui fino, a qualche giorno fa, interessava davvero poco a molti, se non tutti. Tuttavia la sensibilità stimolata dalle immagini e dall’accesso facile alla rete per tutti, dove tutti possono persino dimostrare di avere conoscenze e competenze di profilo internazionale, su una questione complessa come il teatro afghano, ha preso il sopravvento ed è quindi giusto che finalmente tutti si interessino di Afghanistan.
Dunque, dicevo, parliamo di soldi ed interessi. Il Fondo Monetario Internazionale, attraverso un suo report recente, indica ad aprile scorso, la data in cui la Banca Centrale Afgana deteneva 9,4 miliardi di dollari in attività di riserva, che ammontano a circa un terzo della produzione economica annuale del paese. Risulta chiaro che la stragrande maggioranza di queste riserve non è attualmente detenuta in Afghanistan. Di certo c’è che alcuni miliardi di dollari sono conservati negli Stati Uniti, anche se l’importo preciso non è chiaro.
Dunque cosa accade? Semplicemente che l’amministrazione Biden, domenica scorsa, ha congelato le riserve del governo afghano detenute nei conti bancari statunitensi, impedendo di fatto ai talebani di accedere a risorse finanziarie importanti, che rimangono al momento sotto il controllo delle istituzioni statunitensi. Il provvedimento è stato assunto dal segretario al Tesoro Janet L. Yellen e dai funzionari dell’Ufficio per il controllo dei beni esteri del Dipartimento del Tesoro americano. La notizia, passata inosservata sui media occidentali, ha chiaramente invece interessato Ajmal Ahmady, capo ad interim della Da Afghanistan Bank che, lunedì scorso, ha twittato di aver appreso venerdì, che gli Stati Uniti stavano cercando di bloccare qualsiasi tentativo dei talebani di ottenere l’accesso ai fondi.
Dunque, al momento l’America detiene il controllo assoluto delle disponibilità finanziarie dell’Afghanistan. Un punto questo che è destinato a pesare e non poco nelle prossime settimane. Intanto oggi a Kabul, Anas Haqqani, membro dell’ufficio politico dei talebani e altri membri talebani si sono incontrati con l’ex presidente Hamid Karzai e Abdullah Abdullah, presidente dell’Alto Consiglio per la riconciliazione nazionale. L’incontro si sarebbe tenuto a casa di Abdullah Abdullah, secondo alcune fonti locali, ma non si conoscono i dettagli. Fonti vicine a Karzai e Abdullah Abdullah hanno riferito che Amir Khan Motaqi, un membro anziano della leadership talebana, in un incontro con i politici afgani lunedì si è impegnato a istituire un governo inclusivo.
E’ chiaro che sono ore di grandi manovre. In mattinata Mawlawi Khairullah Khairkhwah, membro dell’ufficio politico dei talebani a Doha, ma che si trova attualmente a Kandahar, ha confermato che il vice leader talebano Mullah Abdul Ghani Baradar e altri otto membri talebani sono arrivati a Kandahar ieri dal Qatar, non facendo alcun riferimento al fatto che a riportare in patria il Mullah Abdul Ghani Baradar è stato un aereo militare americano. Circostanza questa molto chiara che conferma la strategia americana di “controllo” delle attività politiche in corso fino al completo perfezionamento della ritirata delle forze occidentali dall’Afghanistan. In sintesi, l’estremo tentativo americano, per continuare ad avere un peso specifico nell’area, considerando che nei prossimi mesi l’orbita di influenza sarà quella di Pechino, innanzitutto, ma anche di Teheran e di Mosca, è di instaurare una collaborazione sottotraccia con il governo talebano facendo pesare la disponibilità economica di 9,4 miliardi di dollari afghani che per ora rimangono saldamente in mano ai controllori di Washington.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports