Tumulti e violenze a Kabul dove un gruppo di giornalisti e attivisti afgani, tra cui tante donne, ha tenuto una manifestazione contro il potere talebano. La manifestazione pacifica è diventata all’improvviso violenta quando i manifestanti hanno tentato di spostarsi verso il palazzo presidenziale. L’intervento immediato delle forze militari talebane, per disperdere i manifestanti, si è tramutato in violenza, quando hanno usato gas lacrimogeni contro i manifestanti che chiedevano solo la tutela dei loro diritti da parte della nuova leadership afghana.
Un fiume rosa di manifestanti, la maggior parte di loro infatti erano donne, ha invaso le strade della città per il secondo giorno consecutivo. L’obiettivo era arrivare al palazzo presidenziale dalla zona di Pul-e-Mahmoud Khan, a est del palazzo. “Siamo donne e vogliamo solo difendere i nostri diritti” ha detto Suraya, un’attivista della società civile. “Marciavamo in modo pacifico quando i talebani ci hanno attaccato; hanno sparato gas lacrimogeni ed iniziato a picchiare le numerose donne in corteo”.
La situazione rimane tesa a Kabul. Il fatto stesso che donne scendano in piazza per rivendicare i propri diritti è una novità importante nel Paese. “Venticinque anni fa, quando i talebani sono arrivati a Kabul, mi hanno impedito di andare a scuola. Ho studiato negli ultimi 20 anni dopo la caduta dei talebani e ho fatto sforzi e sacrifici per un futuro migliore. Non permetterò che tutto questo vada perduto”, ha detto Azita, giornalista afghana.
Da parte loro i talebani si sono difesi affermando di non avere altra scelta se non l’uso dei gas lacrimogeni contro i manifestanti, dopo che hanno tentato l’assalto al palazzo presidenziale. Le proteste sono state organizzate a Kabul ed Herat, dopo l’annuncio dei talebani, che le donne non possono lavorare in posti di alto rango nel futuro governo. Già venerdì un gruppo di donne afgane e attiviste della società civile erano scese in piazza a Kabul al grido di “inclusione delle donne nel futuro governo”. Mai come adesso la componente femminile afghana si era mobilitata per pretendere spazio e ruoli nel processo decisionale e politico del Paese.
L’annuncio dei talebani che le donne possono lavorare nelle istituzioni governative ma non in posizioni di alto rango, ha scatenato la reazione forte delle attiviste per i diritti delle donne. “Nessuna società farà progressi senza il ruolo attivo delle donne”, ha affermato l’attivista della società civile Tarannom Saeedi. “Pertanto, la partecipazione politica delle donne nel futuro governo dovrebbe essere presa in considerazione”.
“Vogliamo lavorare come gli uomini secondo la legge islamica”, ha aggiunto Razia, altra attivista della società civile. Singolare che la protesta sia partita da Herat, città dove per vent’anni hanno lavorato le forze militari italiane, che hanno impostato la loro azione soprattutto sulla cooperazione e la sensibilizzazione della popolazione locale alla responsabilità civile. Ad Herat infatti, a scendere in piazza sono stati i difensori dei diritti delle donne, gli studenti universitari e i dipendenti del governo. “Nessun governo è sostenibile senza il sostegno delle donne. La nostra richiesta: il diritto all’istruzione e il diritto al lavoro in ogni suo aspetto”, si legge in uno striscione. Il grido che si è alzato dalle strade di Herat è: “La violazione dei diritti delle donne equivale alla violazione dei diritti umani” questo lo slogan scandito a voce alta.
Di Lorenzo Peluso – EmmeReports