Scrivere un libro è un pallino che avevo sempre avuto nella mia testa da almeno una decina d’anni e almeno per tre volte ne avevo addirittura iniziato la stesura, salvo poi lasciar andare il tutto nel dimenticatoio. Sono sempre stato un assiduo lettore di romanzi del genere action-thriller militare e, negli anni, ho letto praticamente tutto quanto pubblicato dagli autori che gli appassionati del genere sicuramente conoscono, ossia Tom Clancy, Marc Greaney, Patrick Robinson, Micheal di Mercurio o Andy McNab, solo per citarne i più famosi.
Qualche anno fa mi sono ritrovato, per la prima volta, senza nuovi titoli di questi autori e ho deciso di controllare se ve ne fossero disponibili altri titoli, consapevole che oltre il 90% dei sopradetti libri veniva pubblicato da autori anglosassoni. Con una rapida ricerca ne ho trovato diversi anche di autori italiani, quindi dopo avere letto le sinossi e verificato le recensioni, ho deciso di “ripiegare” su questi titoli con ambientazioni in Italia, utilizzando reparti e personale italiano.
Ebbene, mai il verbo “ripiegare” fu usato in modo più improprio. Quello che doveva essere un riempitivo di tempo, in attesa del prossimo titolo anglosassone, si è rivelato una piacevole scoperta. Da quel momento ho letto tutta la produzione letteraria degli autori in questione e, come se non bastasse, alcuni argomenti trattati nel blog personale di uno di essi. Ciò ha riacceso la scintilla per rimettermi al lavoro, ma questa volta con un diverso approccio. In parole povere, volevo anch’io entrare a far parte di questo Club di autori italiani che trattano di questioni italiane.

Così all’inizio del 2019, proprio il giorno di Capodanno, mi siedo al PC e inizio a scrivere, ma non il romanzo bensì due lettere di autorizzazione per ottenere una visita privata, volta a ottenere la consulenza diretta per gli argomenti e le scene che intendo trattare e allegando anche le domande che intendo porre a chi sarà intervistato. Il tutto indirizzato, rispettivamente, allo Stato Maggiore Marina e al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Avevo scelto di muovermi con largo anticipo consapevole che, se qualcuno avesse dato riscontro alle mie richieste, queste sarebbero arrivate solo diversi mesi dopo.

Con grande sorpresa, invece, dopo un paio di settimane ricevo la telefonata dal Capitano di Fregata a Capo della Comunicazione di ComSubIn ma, dopo le presentazioni di rito, la conversazione non prende la piega che avevo sperato e ricevo la seguente risposta. “Purtroppo le domande che lei intende porre ai nostri operatori, trattano argomenti un po’ troppo delicati, sono costretto a dirle di no”. Senza darmi per vinto alla primissima difficoltà, incontrata in un percorso che era appena iniziato e determinato nel perseguire il mio obiettivo, ho così risposto. “Comandante, le mie domande le posso anche riformulare in modo un po’ più generico e credo che un operatore di Forze Speciali non si faccia scrupoli a dirmi se la sto facendo fuori dal vaso. Se poi andrò a toccare argomenti che sono proprio off-limits, vorrà dire che mi godrò una visita privata in un luogo dove si respira la Storia».

Il target di tenere in piedi la richiesta era stato raggiunto, dal momento che il Capitano di Fregata dall’altra parte della telefonata mi risponde, “Ne parlerò con il Comandante del Reparto e mi farò risentire a breve”. Dopo qualche giorno le cose andarono decisamente meglio e questa volta concordiamo una mia visita privata presso la storica e leggendaria sede del Varignano, in provincia di La Spezia, da tenersi nel febbraio 2019.
Per me che sono cresciuto con la passione per le Forze Speciali fin dai tempi delle scuole medie e con il grande rammarico di non aver provato a farne parte, varcare il cancello del Varignano, la casa dei nostri incursori di Marina del GOI, è stato un po’ come raggiungere il punto più alto o come chiudere un cerchio, a seconda di come si osservi la questione. Dopo qualche minuto vissuto in stato di assoluto torpore mentale dovuto alla forte emozione, tanto da non riuscire a descrivere il tragitto fatto con la mia auto dall’entrata al piazzale principale, ho finalmente realizzato dove mi trovavo iniziando a osservare ogni singolo angolo e ad assorbire ogni singola parola che sentivo.

Grande l’emozione, entrando nel famoso atrio dove ci sono, tra tanti altri cimeli storici, i ritratti delle numerose Medaglie d’Oro al Valor Militare per le azioni compiute nel corso della Seconda Guerra Mondiale, un SLC (Siluro a Lenta Corsa) utilizzato da Teseo Tesei a Gibilterra il 30 ottobre 1940, il busto dello stesso e l’antenna di comunicazione del sommergibile Scirè, affondato nel 1942. Quando sono stato “affidato” a un sottufficiale incursore per l’intervista vera e propria, credo che l’operatore abbia percepito la mia agitazione e mi ha messo un braccio intorno alle spalle mentre ci incamminavamo verso la Sala Storica del GOI, destandomi dallo stato in cui mi trovavo. Da quel momento è stato tutto un godere pienamente degli attimi che stavo vivendo. “È appagante, per noi, vedere che esiste qualche civile che ne sa più di tanti che indossano la divisa”. Questo, uno dei più bei complimenti che potessi ricevere.

Le circa tre ore passate da soli a discutere del mio progetto, osservando i pezzi esposti e guardando filmati, rappresentano parte di una giornata che sarà per sempre annoverata tra le più indimenticabili della mia vita. Ricordo ancora il groppone alla gola quando ho percepito che il tempo a mia disposizione stava per scadere e di lì a poco avrei dovuto mettere la parola fine a quegli splendidi momenti, nonché la successiva mezz’ora trascorsa a “rimandare indietro il nastro” sul lungomare di Le Grazie, con qualche lacrima che ogni tanto mi rigava il volto.

I mesi successivi sono stati quelli dedicati alla stesura vera e propria del libro quando la trama, che era nella mia testa praticamente da dieci anni, ha iniziato a prendere forma. Giorno dopo giorno un file di testo di poche righe ha finito per crescere, fino a diventare un documento di oltre trecento pagine, al quale è stato messo il punto finale nell’aprile 2020.
Nel mezzo della stesura del libro una nuova visita privata, stavolta a Torino con un negoziatore specializzato dell’Arma dei Carabinieri, un colloquio tenuto nella stessa atmosfera di rispetto e cortesia. Quando dalla bocca di un professionista che ha risolto decine di situazioni critiche, trovandosi a fronteggiare soggetti barricati, con ostaggi o meno, ci si sente dire “Complimenti per come ha descritto la negoziazione. In alcuni tratti mi sono davvero immedesimato nel suo personaggio”, la spinta motivazionale che si riceve è notevole.
Oltre a queste due consulenze di “alto profilo”, per le quali si sono rese necessarie le autorizzazioni dei rispettivi Uffici Comunicazione centrali, mi sono avvalso della collaborazione di altre figure del panorama delle nostre Forze Armate, in congedo e non. Questi contatti sono stati determinanti, dal momento che l’obiettivo era quello di scrivere un libro, con il massimo grado di realismo. Su questo punto mi sono talmente fatto prendere la mano al punto tale che, se avessi dovuto descrivere la scena di un sottufficiale della Guardia Costiera che si reca in bagno, avrei cercato di chiedere a un sottufficiale della Guardia Costiera in che modo ci va…
Mi sono messo a scrivere quel libro con tale entusiasmo che ho contattato addirittura gli autori italiani che mi avevano stimolato a essere come loro. Uno in particolare, Francesco Cotti, mi è stato di grande aiuto durante i mesi di stesura del romanzo. Da lui ho ricevuto preziosi consigli e tanto supporto, nei momenti in cui la motivazione veniva un po’ meno e alla fine, tra noi, è anche nata una bella amicizia.
Quando ho finalmente terminato il libro e quindi anche la fase di rilettura e revisione, essere diventato una sorta di “spettatore privilegiato” del panorama delle Forze Speciali italiane (nel frattempo ho allargato contatti e amicizie oltre la sfera del GOI), mi ha spinto a pubblicare con l’ulteriore obiettivo di dare il giusto riconoscimento e la visibilità che meritano tali uomini, i cui reparti si sono guadagnati il rispetto degli omologhi colleghi delle altre nazioni con i quali hanno operato nei vari teatri internazionali, quali Somalia, Libano, Iraq e Afghanistan, solo per citarne alcuni.
L’Italia è un Paese “difficile” su argomenti come questi e missioni portate a termine dai nostri operatori sono conosciute e apprezzate all’Estero, ma mai menzionate a casa nostra. Anzi, alcune di esse, sono in larga parte a noi sconosciute, mentre all’estero ci farebbero anche qualche film. Queste stesse parole le ho utilizzate nel video messo in rete in occasione della pubblicazione del libro, unitamente a un messaggio ricevuto dallo stesso operatore che mi aveva accolto al Varignano, con scritto “Grazie per le belle parole verso il Reparto”.
Quando è arrivato il momento di scegliere il titolo per il mio libro, ho optato per il nome che nel romanzo ho dato alla missione messa in atto dagli operatori del GOI, Operazione Silent Caiman, aggiungendo poi il sottotitolo Incubo di fine estate, periodo durante il quale si sviluppa la trama dell’opera.
Appena pubblicato, poter tenere tra le mani un oggetto in tre dimensioni, un libro con il mio nome in copertina ha rappresentato un qualcosa di emozionante. Quello che avevo tenuto in testa per una decina d’anni, era finalmente un insieme di fogli bianchi con delle lettere stampate sopra. Le manifestazioni di apprezzamento da parte degli “addetti ai lavori” sono state numerose e hanno rappresentato la mia personale ricompensa per le lunghe serate fino a tardi a scrivere, la benzina per provare a pubblicare il seguito.
A corollario di tutto questo percorso, l’apprezzamento ricevuto dagli stessi scrittori italiani che senza saperlo mi hanno spinto a imitarli. Il primo passo è stato, pertanto, quello di diventare un loro collega “junior”, senza sapere che quella stima reciproca si sarebbe trasformata presto in un’amicizia che avrebbe portato alla collaborazione del promuovere, tutti insieme, il genere letterario nel quale scriviamo, ribattezzato “Action Tricolore” e del quale mi pregio di far parte, unitamente al già citato Francesco Cotti, Alessandro Cirillo e Giancarlo Ibba.
Di Alessio Virdò – EmmeReports