Dopo aver terminato gli studi dell’Accademia Militare di Modena, con la partecipazione al 186° corso, ha frequentato la scuola di volo presso la US Navy negli Stati Uniti dove, nel 2011, ha acquisito il brevetto di Naval Aviator. Al rientro è stato assegnato al 28° Gruppo Squadroni “Tucano”, dove è stato abilitato al pilotaggio del velivolo Dornier-228, P-180 e al velivolo a pilotaggio remoto Shadow. Il suo incarico odierno è quello di comandante di squadrone sulla linea volo P-180. Ad oggi ha maturato un’esperienza di circa 2500 ore di volo ed è comandante su tutte tre le linee di volo. Ha preso parte alla missione UNIFIL in Libano come ufficiale di collegamento, alla XXXI spedizione in Antartide come capo sala operativa e in Afghanistan come pilota di droni.

Può raccontarci la prima missione di volo che ha svolto per il trasporto di materiale sanitario da Viterbo a Milano Malpensa?
La mia prima missione di volo svolta per l’emergenza Covid-19 risale al 24 Febbraio, il giorno successivo al DPCM n.6 con il quale il governo decretava il “blocco” di quelle che sono passate alla cronaca come le prime zone rosse italiane. Quella stessa mattina l’aria che si respirava all’interno del mio reparto di appartenenza, il 28° Gruppo Aviazione dell’Esercito “Tucano”, risultava insolita, le attività di volo operative e di addestramento già in programma vennero infatti cancellate e da quel momento in poi ci aspettavamo di ricevere nuovi ordini per effettuare missioni di volo a sostegno dell’emergenza.
Quindi arriva l’ordine per la prima missione…
L’attesa durò poco, il task arrivò infatti nella prima mattinata. Quel volo prevedeva il caricamento presso l’aeroporto di Ciampino e Catania di circa ventimila mascherine chirurgiche e altrettante paia di guanti da destinarsi presso l’aeroporto di Milano Linate e Venezia Tessera. Eravamo ancora all’inizio, le poche parole scambiate con il personale che ci attendeva presso gli scali del Nord Italia evidenziavano incredulità e incertezza rispetto a qualcosa di cui si cominciava a parlare con insistenza ma che ancora non veniva percepito come un vero e proprio pericolo. Queste prime sensazioni sono poi del tutto svanite quando ho effettuato il primo volo a seguito del DPCM del 9 Marzo, anche questa volta la missione prevedeva nuovamente uno scalo presso l’aeroporto di Ciampino per caricare materiale sanitario e indumenti di protezione individuale (circa una tonnellata) da destinarsi a Milano.

Già l’arrivo all’aeroporto di Ciampino risultava anomalo, il terminal civile era completamente deserto, non c’era né personale addetto alle attività aeroportuali né personale civile pronto a imbarcarsi, al contrario, invece, gli spot (i parcheggi degli aeromobili) erano completamenti pieni di aerei di linee commerciali rimasti a terra. Una volta caricato il materiale, in un silenzio del tutto singolare, decollavamo per Milano; le comunicazioni radio con gli enti di controllo, solitamente sature, erano particolarmente silenziose tanto da farci percepire un volo di appena un’ora più lungo del solito. Milano Linate confermava quanto già provato a Ciampino, unica differenza i volti delle persone che ci hanno accolto e che erano addette al ritiro del materiale sanitario che trasportavamo, in loro si avvertiva sia il senso di fiducia nei confronti dell’Esercito sia la stanchezza di chi ormai da parecchi giorni stava combattendo in prima linea contro un nemico che non lasciava più dubbi sulla sua pericolosità.
Cosa ha provato una volta rientrato a casa, si è sentito orgoglioso del suo lavoro?
Le mie parole potrebbero sembrare di circostanza in quanto, orgoglioso del mio lavoro lo sono stato dal primo giorno in cui ho avuto la possibilità di indossare l’uniforme, nonostante i momenti duri e i sacrifici che spesso il personale dell’Esercito o in generale di tutte le Forze Armate, è chiamato ad affrontare. In questo periodo, le numerose attività effettuate dal mio reparto a sostegno dell’emergenza nazionale in atto sono parte di un sistema complesso che vede l’attività di volo inserirsi in un contesto molto più ampio. Dietro a ogni ora di volo difatti, ci sono moltissime figure professionali che partecipano al raggiungimento di uno scopo comune. Per cui, come pilota, mi sento uno dei tanti elementi del sistema che, ovviamente con funzioni e competenze diverse, concorre al raggiungimento di un obiettivo di Forza Armata. Ritornando alla sua domanda però le posso rispondere che in questo specifico momento, c’è una voglia di partecipazione e spinta emotiva che in poche altre occasioni ho provato e i ringraziamenti che ho ricevuto dopo aver effettuato quella missione sono stati l’incentivo migliore che potessi ricevere.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports
Video e foto Esercito Italiano / EmmeReports