È l’alba. Arriva la notizia di una nave in fiamme nel Canale di Sicilia. Dopo appena pochi minuti ricevo la telefonata della Sala Operativa con l’ordine di recarmi presso la base di Trapani per un decollo immediato in soccorso dei naufraghi a bordo della nave. Senza perder tempo vado in aeroporto e, subito dopo aver raccolto le informazioni per raggiungere la zona di operazioni, io e il resto dell’equipaggio ci avviciniamo all’HH-139A che è già sul piazzale pronto per la missione. Piove e c’è molto vento. Le condizioni atmosferiche potrebbero ostacolare notevolmente le operazioni di recupero. Dopo 20 minuti di volo raggiungiamo la zona di operazioni e già da lontano veniamo attratti da quella enorme nube di fumo che copre interamente la nave. Le motovedette della Guardia Costiera, già presenti sul luogo, non riescono ad avvicinarsi alla nave a causa del mare vistosamente agitato. L’unica salvezza per le persone a bordo è rappresentata solamente dal nostro elicottero.
Il nostro HH-139A, vero gioiello di Leonardo Helicopters, raggiunge in poco tempo la nave ed è pronto per iniziare le operazioni di soccorso e mettere in pratica le centinaia di ore di addestramento. Effettuiamo il briefing con tutto l’equipaggio per valutare le procedure di recupero, decidiamo di utilizzare la cesta verricellabile per consentire il recupero e poi rilascio di più persone contemporaneamente con una sola operazione di verricello. I compiti a bordo sono così divisi: il capo equipaggio è responsabile della condotta del volo e contrasta, nella fase di hovering, l’azione del forte vento per permettere all’elicottero di mantenere la verticale della nave mentre il secondo pilota gestisce le comunicazioni radio e controlla i motori e il consumo del carburante per calcolare il tempo a disposizione prima di rientrare in base; l’operatore al verricello cala la cesta sulla nave e l’aerosoccorritore si occupa di adagiare il personale nella cesta per poi essere recuperato.
Le fiamme non riescono ed essere domate e il fumo arriva fin dentro la cabina. Ma siamo molto concentrati perché non vogliamo che vada perduto un solo istante, più veloci siamo nelle operazioni, più persone portiamo in salvo. Il fumo denso e l’inclinazione della nave rendono difficilissimo il recupero dei naufraghi, ma tutto ciò è possibile grazie all’esperienza e all’intenso addestramento che quotidianamente effettuiamo, ma anche alle alte performance del velivolo di Leonardo Helicopters.
Il nostro Operatore di Bordo verricella l’Aerosoccorritore sul ponte della grossa nave in fiamme e ormai alla deriva. Centinaia di braccia umane in preda al panico chiedono aiuto. Ma noi diamo priorità ai bambini, ai feriti, agli anziani, alle donne e, per ultimi, gli uomini. È uno scenario da girone dantesco. Oltre alle fiamme e al fumo intenso, i nemici sono il forte vento, la pioggia e lo stato del mare, con onde alte otto metri! Tutti fattori che rendono le operazioni di recupero complicate. Grazie al nostro addestramento e alla consapevolezza di essere l’unica alternativa per salvare i passeggeri del traghetto, riusciamo a portare a termine la nostra missione con successo. Per tutta la durata delle operazioni ci siamo affidati alle caratteristiche del nostro HH-139A.
La velocità, la reattività, e l’efficienza tecnica ci hanno permesso di portare a termine la nostra missione senza mai dover distogliere l’attenzione dal nostro obiettivo primario, ovvero quello di salvare quante più persone possibile. Abbiamo basato le nostre forze sulla nostra esperienza, ma soprattutto sull’addestramento che svolgiamo quotidianamente a bordo del nostro elicottero per rispondere nel miglior modo possibile alle situazioni di emergenza. Il nostro lavoro di squadra si basa sul sistema uomo-macchina che diventa sempre più efficace quando l’addestramento degli equipaggi è mirato e quando la macchina riesce a svolgere il proprio compito anche in situazioni marginali.
Questo è un ipotetico scenario in cui si possono trovare ad operare gli equipaggi dell’82° Centro Combat SAR (Search And Rescue) di Trapani, reparto di volo dell’Aeronautica Militare con cui EmmeReports ha avuto l’opportunità di volare durante una missione addestrativa già programmata.
Al comando dei Jedi di Trapani
I compiti del 82° Centro Combat SAR sono quelli di garantire la ricerca e il soccorso in ambito nazionale degli equipaggi dell’Aeronautica Militare. “E’ un compito che nasce per gli equipaggi delle Forze Armate, ma l’alta valenza di questo tipo di attività, come l’addestramento che noi facciamo di giorno e di notte è messo a disposizione dalla Forza Armata anche per la popolazione civile, in caso di calamità naturali e in caso di bisogno di soccorso sia su terra che su mare, sia di giorno che di notte, con l’ausilio dei visori notturni NVG (Night Vision Goggles)”. Ha spiegato il Maggiore Angelo Mosca.
“Oltre questi compiti primari e istituzionali abbiamo compiti di concorso e collaterali che attengono alla difesa dello spazio aereo nazionale, alla difesa dello spazio aereo dai velivoli a bassa velocità (lo Slow Mover Interceptor). Dal giugno del 2018 siamo inseriti nel dispositivo della Protezione Civile Nazionale e in particolare in quella della Regione Siciliana per quanto riguarda la campagna anti-incendio boschivo. E’ il terzo anno che utilizziamo l’HH-139A anche per l’attività antincendio, avendolo in prontezza giornalmente dal 15 giugno fino a fine settembre, con due equipaggi, uno dedicato all’attività SAR e l’altro all’attività anti-incendio, che comporta uno sforzo importante al nostro personale ed un addestramento e impiego della macchina decisamente differente”.
Come ha spiegato il Maggiore Mosca “Il Task arriva in sala operativa, una chiamata dalla RCC (Rescue Coordination Center di Poggio Renatico) e dalla Prefettura. Da quel momento parte l’attivazione dell’equipaggio che sarà pronto in 120 primi per quanto riguarda il SAR, anche se abbiamo sviluppato una capacità tale che ci permetta a essere pronti in 30. Diversamente per l’anti-incendio siamo in prontezza 60 primi dalla chiamata, dobbiamo decollare con la benna già attaccata (se l’incendio è vicino) o quantomeno con la benna a bordo per gli spostamenti più lunghi”.
L’equipaggio SAR prevede minimo 2 piloti, un Operatore di Bordo e un Aerosoccorritore minimo, ai quali si aggiungono medici del 118 o altro personale medico, squadre del Soccorso Alpino o Vigili del Fuoco. L’equipaggio anti-incendio vola sempre con 2 piloti e 2 operatori di bordo che siano in grado di visionare meglio gli eventuali ostacoli morfologici.
Il Maggiore Angelo Mosca, dopo tanti anni di permanenza a Trapani, presto prenderà il Comando del 82° Centro CSAR “E’ un onore essere stato designato come prossimo Comandante, perché sono cresciuto in questo Reparto e dopo 20 anni di ingresso in Aeronautica Militare, mi ritrovo ad essere Comandante di un Reparto Operativo ed è una bella cosa, a livello personale e professionale.
Il mio obiettivo era quello di diventare un pilota militare e fare il mio lavoro in maniera professionale. Diventare comandante è una attività collaterale che viaggia con il grado chiaramente ed è un obiettivo sfidante in tempi particolari come questi che stiamo vivendo, con una rimodulazione degli schemi lavorativi consolidati negli anni ma con questo non vengono meno i nostri compiti istituzionali e quindi non vengono meno i nostri doveri e il nostro senso di utilità verso il Paese. Durante l’emergenza sanitaria non ci siamo mai fermati, siamo sempre stati pronti per aiutare quella parte dell’Italia che aveva più bisogno e garantendo la sicurezza dei nostri uomini”.
“L’attuale comandante, il Maggiore Boris Petracca” continua il Maggiore Mosca “ci ha dato la possibilità di raggiungere dei traguardi manutentivi di grande valore, riuscendo ad essere il primo centro con l’HH-139A in grado di garantire una manutenzione di lungo periodo di 300 ore, che di solito viene fatta esclusivamente in ditta. Abbiamo acquisito questa capacità che spero di sviluppare e rendere più efficiente il processo, non solo di manutenzione ma anche di gestione generale del nostro sistema. Sarà impegnativo ma ci divertiremo”.
Volare con gli HH-139A di Leonardo Helicopters
Il Maggiore Boris Petracca ha 2100 ore di volo all’attivo, su HH-3F e HH-139A, volando sia in Patria che in Afghanistan. “L’HH-139A è una macchina straordinaria e dal mio punto di vista risulta versatile, potente, con un buon contributo e contenuto di tecnologia che ti consente di essere supportato nella missione che vai a svolgere, ed è importante perché ti toglie molto carico di lavoro nella gestione della missione. Avere un elicottero stabilizzato che in condizioni particolari può performare con il mantenimento della posizione in hovering, utilizzando dei sistemi automatici che sono abbastanza precisi, che vanno sì monitorati ma risultano un buon ausilio alla missione, riuscendo così ad essere più rilassato, ci permette di devolvere parte dell’attenzione nella gestione del resto della missione”.
“La tecnologia riesce a fare raggiungere quella consapevolezza situazionale molto più elevata, dato che se ti trovi in una situazione stressante di soccorso in una zona impervia e con tanti ostacoli, dove l’attenzione è naturale che si canalizzi su quello che stai facendo perdendo magari di vista ciò che stanno facendo gli altri e cioè le comunicazioni, cosa sta facendo l’Aerosoccorritore a terra o l’Operatore di Bordo, quindi avere dalla tua parte la tecnologia che ti assiste, riesci a fare uno step indietro ed avere un punto di osservazione più privilegiato e ti godi per interno tutta la missione”.
L’Operatore di Bordo
“L’Operatore di Bordo collabora con tutto l’equipaggio, deve adeguarsi al singolo componente, diventando un collante per chi sta a bordo dell’elicottero, entrando a volte dentro la testa degli altri per poter lavorare in maniera più efficiente” ha detto il Luogotenente Josef Giardi. “Con i piloti più giovani che arrivano al reparto, bisogna trovare punti di contatto e l’esperienza fa molto, quella che non mi manca avendo 3000 ore di volo. L’esperienza conta tantissimo. Per la tipologia di missioni che svolgiamo, è necessaria trovare una affinità tra i membri dell’equipaggio, saper lavorare in assonanza e in squadra è davvero fondamentale e l’operatore funge da anello di congiunzione tra l’aero-soccorritore e i piloti, che portano la macchina, ma senza le indicazioni degli operatori la stessa rimane tronca”.
“Con l’HH-139A ho la possibilità di prendere il comando dell’elicottero, quando i piloti non hanno la visibilità necessaria per poter gestire la missione e quindi l’operatore deve essere molto addestrato per poter gestire i movimenti di direzione della macchina ad eccezione della quota. Capita spesso di subentrare nel comando dell’elicottero perché sono fuori rispetto ai piloti e con una visibilità, in alcuni casi, migliore rispetto a loro, nonostante le varie telecamere di ausilio di cui dispone l’HH-139A, un velivolo, ritengo, snello e preciso rispetto al precedente HH-3F”.
Il Luogotenente Giardi ci ha poi raccontato la prima missione di soccorso a cui ha preso parte. “Un peschereccio aveva pescato un balenottero che nel modo di essere liberato ha finito per schiacciare il comandante della stessa imbarcazione. Nel modo di recuperare questo pescatore, la sorpresa è stata quella che, nonostante gli uscisse sangue dal naso e dalle orecchie, era talmente felice di essere stato salvato che poi ci regalò una cassetta di mazzancolli. Era bello notare come si sentisse parte di un sistema Italia che non lo aveva abbandonato, anzi soccorso e recuperato nonostante la sua situazione. Amo e sono orgoglioso del mio lavoro!”.
L’Aerosoccorritore
“Per diventare un Aerosoccorritore dell’Aeronautica Militare, bisogna superare prove fisiche previste su mare e montagna, seguire un corso di 3 mesi in piscina e montagna, fare un esame finale con prove particolari” ha spiegato il Luogotenente Antonio San Brunone “Continuiamo ad addestrarci in palestra e a fare bivacchi notturni, perché le condizioni che troviamo non sono quelle che uno si aspetta e bisogna quindi essere sempre pronti ad operare in ogni situazione”.
“Il mio primo soccorso è stato da sergente, a largo di Pantelleria e a febbraio! Un peschereccio con quattro membri di equipaggio imbarcava acqua e temevo andassero in ipotermia a causa del freddo invernale. La fortuna ha voluto che li trovassimo recuperassimo. Fu un soccorso veramente emozionante che non dimenticherò mai!”
Di Francesco Militello Mirto e Antonio Melita – EmmeReports