Il MOVI (Movimento Volontariato Italiano), la Casa delle Culture e del Volontariato “Letizia Colajanni” ed il Comitato “Giustizia per Adnan” esprimono viva soddisfazione per l’operazione anti-caporalato “Attila” di Carabinieri e Polizia di Caltanissetta che ieri ha portato all’arrestato di 11 persone per associazione per delinquere finalizzata al reclutamento ed allo sfruttamento della manodopera, estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.
Per Filippo Maritato, Presidente del MOVI e Direttore della Casa delle Culture e del Volontariato, l’inchiesta della Procura di Caltanissetta, “ha contribuito a svelare una realtà criminale profondamente radicata nel territorio e fino ad oggi gravemente sottovalutata”.
Maritato denuncia che dopo l’omicidio di Adnan Siddique, in molti hanno minimizzato il caporalato nella provincia di Caltanissetta e nelle aree limitrofe, sostenendo che nelle campagne questo fenomeno fosse pressoché inesistente o, comunque, limitato a qualche caso individuale riferibile ai soli cittadini stranieri.
Il caporalato – sempre per Filippo Maritato – è invece “una piaga diffusa, connotata da violenza e modus operandi “paramafiosi” che nasce dall’attività criminosa di cittadini stranieri ma che gode della collaborazione e del favoreggiamento di altri soggetti italiani, come la giovane donna di Canicattì (AG) arrestata ieri“.
“L’attuazione delle norme contro il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori, a prescindere dalla loro nazionalità, deve essere una priorità trasversale e socialmente condivisa” conclude il presidente di MOVI.
L’Operazione dei Carabinieri e della Squadra mobile di Caltanissetta, denominata “Attila”, ha portato all’arresto di 12 persone (10 in carcere, una ai domiciliari, uno è irreperibile) per caporalato, estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato. Durante le perquisizioni avvenute nella notte sono stati trovati in casa di uno degli arrestati due libri mastri, tuttora al vaglio degli inquirenti, nei quali erano descritti i nomi dei lavoratori sfruttati.
Ennio Bonfanti del Comitato “Giustizia per Adnan” – creato presso la Casa delle Culture all’indomani del barbaro omicidio del giovane pakistano nisseno – rileva come grazie all’operazione “Attila” sia stata “smascherata un’ipocrisia generale: a Caltanissetta il caporalato c’è e dietro i Pakistani sfruttati ci sono sempre imprese agricole sfruttatrici, intestate a sicilianissimi imprenditori”.
“Questi lavoratori non andavano a fare allegre scampagnate ma venivano “impiegati” per la raccolta delle pesche, dell’uva, degli ortaggi che giungono sulle nostre tavole dalle aziende agricole del comprensorio, in palese spregio della legge. Da oggi questa verità lapalissiana non potrà più essere sottaciuta da chi, fino a ieri, cercava addirittura di far passare il reclutamento clandestino di manodopera straniera come un benevolo atto di assistenza umanitaria verso cittadini immigrati, che in quel modo venivano aiutati economicamente” continua Bonfanti chiedendo a Sindacati e alle Associazioni di categoria del settore agricolo un impegno costante per contribuire alla repressione dei comportamenti scorretti di singole imprese agricole.
“Per questo ci auguriamo che la Magistratura, dopo aver colpito la banda dei caporali, adesso allarghi l’attività investigativa sulle imprese che, frodando lo Stato e la collettività e danneggiando gli agricoltori onesti e corretti, hanno ricavato introiti economici illeciti con lo sfruttamento disumano dei braccianti stranieri ricompensati con paghe miserrime” conclude Ennio Bonfanti del Comitato “Giustizia per Adnan”.
di Redazione – EmmeReports