Un gruppo di donne (e uomini) ha costruito con i propri corpi un ponte simbolico per denunciare le continue violenze e i respingimenti di cui sono vittime le persone che tentano di raggiungere un luogo in cui poter vivere con dignità.
La strada dei migranti lungo la rotta balcanica è tutta in salita e l’Unione Europea pratica ormai da anni respingimenti collettivi e illegali in maniera sistematica di migranti anche richiedenti asilo, che vengono rispediti in Bosnia dopo aver subito umiliazioni, violenze e torture. L’efferatezza della polizia croata è ormai tristemente nota a tutti, così come la responsabilità europea che è stata sancita dalla recente condanna del Viminale emessa dal Tribunale di Roma.
Le condizioni in cui i migranti bloccati al confine bosniaco sono costretti a vivere, senza potersi rimettere in cammino, senza potersi lavare, senza un letto dove dormire sono intollerabili. E a farne le spese è anche chi, i migranti, cerca di aiutarli, tanto in Bosnia quanto in Italia.
Al centro una barca con le foto di chi è rimasto ucciso durante “le traversate della speranza”, intorno il filo spinato a rappresentare il muro che i governi europei hanno alzato per respingere uomini e donne in viaggio alla ricerca di migliori condizioni di vita.
“La Sicilia, al centro del Mediterraneo, è diventata il laboratorio, per i governi europei, di politiche migratorie fondate sia sui respingimenti e sulla criminalizzazione delle ONG e delle navi che salvano vite nel Mediterraneo, sia sulla segregazione, per chi riesce ad arrivare, in navi quarantena e hot spot. I governi europei e Frontex proseguono intanto le azioni di respingimento nei lager libici e di Bosnia e Croazia” hanno affermato gli organizzatori, senza bandiere, in diretta con le altre piazze d’Italia e d’Europa.
di Antonio Melita – EmmeReports