I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno eseguito nei confronti di Orazio Di Maria, 36enne proprietario del pub “Il Ritrovo”, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, oltre al sequestro di beni per un valore di 200 mila euro.
Di Maria è accusato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso, per avere “taglieggiato” un giovane imprenditore che aveva avviato un cantiere nel centro storico e che ha denunciato la presunta richiesta di pizzo. Ad intascare il denaro sarebbe stato Riccardo Meli, 31 anni, sposato con la nipote di Tommaso Lo Presti, boss di Porta Nuova.
Secondo quanto raccontato dalla vittima e ricostruito dalle indagini delle Fiamme Gialle, l’imprenditore aveva da poco avviato i lavori di ristrutturazione in un immobile alla Vucciria quando è stato “avvicinato” da Meli e Di Maria che gli hanno fatto richieste estorsive sempre più esplicite.
L’imprenditore era stato avvicinato per la classica “messa a posto”, ma aveva preso tempo e così nei giorni successivi iniziarono strani furti di attrezzatura in cantiere.
Grazie alla collaborazione del costruttore (supportato dall’associazione antiracket Solidaria), gli investigatori sono riusciti a risalire ed arrestare in flagranza di reato Riccardo Meli e, dopo due settimane, ad arrestare anche il secondo complice, Orazio Di Maria che avrebbe presentato la vittima dell’estorsione.
I finanzieri svolgendo accertamenti patrimoniali sui due indagati hanno appurato l’assoluta sproporzione tra i beni disponibili e la loro capacità economica. La Procura ha quindi emesso un provvedimento di sequestro di conti correnti, beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 200mila euro, tra cui il pub riconducibile a Di Maria.
“Dopo la denuncia e l’arresto, di Orazio Di Maria, accusato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso , le due proprietarie mi hanno revocato l’appalto” ha raccontato l’imprenditore ai finanzieri.
“Il direttore dei lavori mi ha contestato alcuni ritardi, ma poi mi hanno manifestato la delusione per non essere state informate della vicenda, non condividendo la scelta della denuncia” ha concluso il giovane imprenditore.
“In questa storia la differenza l’ha fatta il coraggio del giovane imprenditore che non ha commesso l’errore di piegarsi alle richieste estorsive, ma si è rivolto alle istituzioni. La risposta, immediata ed efficace, è la dimostrazione di come sia fondamentale in queste situazioni rompere l’isolamento in cui viene a trovarsi la vittima e affidarsi alla rete della legalità: associazioni antiracket, forze dell’ordine, magistratura e cittadini formano una squadra coesa che non potrà mai essere sconfitta da questa becera criminalità” ha affermato il colonnello della Guardia di Finanza, Gianluca Angelini.
di Antonio Melita – EmmeReports