Quattro zanne d’avorio grezzo sono state sequestrate dai Carabinieri Forestali del Centro Anticrimine Natura di Palermo. Gli inestimabili oggetti, insieme ad altri manufatti sempre ricavati da parti di elefante, erano esposte al pubblico all’interno di una prestigiosa struttura ricettiva, destinata a ospitare eventi privati.
All’interno dei locali, ubicati in provincia di Palermo, proprio le zanne d’avorio costituivano una delle maggiori attrazioni, tanto da essere spesso immortalate dai visitatori e postate sui social network. Il sequestro è avvenuto dopo il costante monitoraggio della rete. Controllo, in questo caso, fondamentale per contrastare il commercio illecito di specie animali e vegetali in via d’estinzione.
I militari specializzati del Nucleo Cites (Convention on International Trade of Endangered Species) hanno effettuato un controllo di natura amministrativa per verificare la legale detenzione degli esemplari e l’esistenza dei certificati. Da ciò che emerso fino ad oggi, è stata constatata l’assenza della documentazione necessaria per la detenzione e l’esposizione al pubblico, desumendo pertanto che siano state illecitamente prelevate in natura. Tale circostanza contiene in sé gli estremi di un reato per il quale è prevista la pena dell’arresto, da 6 mesi a 2 anni, e un’ammenda da 15.000 a 150.000 euro.
L’avorio, infatti, è sottoposto alle tutele previste dalla Convenzione di Washington che disciplina il commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche, minacciate di estinzione. È reato, quindi, sia il solo sfruttamento commerciale che la detenzione senza gli appositi certificati. Quest’ultimi sono di competenza dei Nuclei Cites italiani o degli equipollenti uffici, ubicati negli oltre 170 Paesi facenti parte della Convenzione.
Il rinvenimento è di particolare rilevanza non solo per le dimensioni delle zanne, alte ciascuna più di due metri e di circa 20 Kg di peso, ma poiché si tratta di zanne non lavorate, la cui disciplina è ancora più restrittiva di quella relativa all’avorio lavorato. L’avorio grezzo, infatti, se di origine non certificata, potrebbe costituire materia prima per realizzare nuovi manufatti, incrementando così il mercato illegale che le normative internazionali e comunitarie, stanno sempre più mettendo alle strette.
Solo nel dicembre 2021, l’UE ha ulteriormente inasprito la disciplina relativa al commercio di oggetti di avorio lavorato prevedendo, anche per gli oggetti antecedenti il 1947, l’obbligo dell’apposito certificato Cites. Precedentemente alla modifica, infatti, gli oggetti potevano essere commercializzati anche se accompagnati da una perizia o, comunque, da documentazione che ne attestasse la realizzazione antecedente all’anno 1947.
Di Redazione – EmmeReports