Con l’incursione di Hamas a Sderot e il lancio di più di 5000 razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele, è iniziata l’Operazione Alluvione Al-Aqsa, una guerra che ha provocato una massiccia risposta militare dello stato ebraico e migliaia di morti su entrambe i fronti. La guerra tra Hamas e Israele ha riacceso le piazze di tutto il mondo, portando in strada migliaia di persone che hanno manifestato a favore della popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Venerdì pomeriggio a Palermo un corteo contro Israele ha percorso il Cassaro ed è arrivato a Piazza Pretoria, dove è stata esposta una grande bandiera della Palestina davanti la Chiesa e Monastero di Santa Caterina d’Alessandria. La protesta è stata organizzata da Voci del Silenzio, che ha deciso di partire da Piazza Indipendenza per esprimere il proprio dissenso al Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che ha voluto proiettata su Palazzo Orleans la bandiera israeliana.
“Israele non risparmia nulla, anche gli ospedali sono presi di mira, almeno cinquanta ospedali sono stati bombardati”, ha dichiarato Zaher Darwish, rappresentante dell’associazione Voci del Silenzio della comunità palestinese di Palermo. “A partire dalla questione della cessazione dei bombardamenti, la comunità internazionale sta mancando di attenzione verso chi sta soffrendo e chi sta subendo, cioè la popolazione civile della striscia di Gaza e non mi sembra che abbia un programma serio, concreto anche dopo la cessazione, perché non può finire soltanto con la cessazione dei bombardamenti, ci deve essere un impegno internazionale che coinvolge tutti, stati sovrani, organismi internazionali, ma anche a livello locale. Occorre che si lavori affinché Israele sia obbligata ad avviare un processo di pace sotto egida delle Nazioni Unite per costruire lo Stato libero e democratico della Palestina. La Regione Siciliana alcuni giorni fa, mancando e tradendo il sentimento di solidarietà popolare dei siciliani, ha esposto unicamente la bandiera israeliana. Gli abbiamo fatto notare che le vittime sono palestinesi”.
Hamas è un’organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista. La sua ala militare (le Brigate Ezzedin al-Qassam) è considerata un’organizzazione terroristica dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti, da Israele, dal Canada e dal Giappone. Hamas ha commesso e rivendicato svariati attentati suicidi contro i civili israeliani, tra cui l’attentato di Gerusalemme del 1997, quello di Rishon LeZion del 2002 (16 vittime civili ciascuno), il massacro del bus 37 ad Haifa (17 vittime civili, la maggior parte delle quali bambini e adolescenti) e molti altri soprattutto durante la seconda intifada, provocando centinaia di vittime civili e militari. Dal 2001, ha più volte attaccato Israele con razzi, principalmente Qassam e razzi BM-21 Grad, venendo accusata di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Hamas gestisce anche ampi programmi sociali, guadagnando popolarità nella società palestinese con l’istituzione di ospedali, sistemi di istruzione, biblioteche e altri servizi in tutta la Striscia di Gaza. L’ala politica di Hamas ha vinto diverse elezioni amministrative locali in Gaza, Qalqilya, e Nablus.
“La resistenza del Popolo palestinese ci rappresenta ed è sancita dalle risoluzioni dell’ONU ed è sancita dalla carta internazionale dei diritti dell’uomo. Io credo che sia una riduzione pensare come se fosse Hamas la questione”, ha spiegato Zaher Darwish. “Il problema è che c’è uno Stato come Israele che compie crimini contro l’umanità e ora il problema si riduce ad Hamas. Il problema è Israele. Guarda io rifiuto questa impostazione della questione che legittima Israele a continuare a compiere crimini. C’è un popolo oppresso da settantatré anni e, oggi, lo si vuole ridurre alla questione di Hamas. Questo legittima Israele ad assassinare il popolo palestinese. Bisogna focalizzare che c’è un popolo occupato da settantatré anni e che giustamente esprime l’esigenza dell’esistere e resiste. Ed è questa la questione. Se non fosse stato Hamas, un altro soggetto che resiste, sarebbe accusato di terrorismo. L’’impostazione che vuole ridurre la questione ad Hamas è sbagliata”.
Sabato pomeriggio centinaia di antimilitaristi hanno percorso le strade del quartiere Guadagna per protestare contro la guerra e contro Leonardo Company. La manifestazione promossa dal movimento No Muos, dal coordinamento regionale Antudo, dal movimento No Ponte e dalle realtà antimilitariste, ecologiste e femministe palermitane, è partita alle 17.30 dal piazzale di via Oreto, interrompendo il traffico cittadino del sabato pomeriggio, ha sfilato lungo via Villagrazia, attraversando il quartiere gridando slogan contro la guerra e le spese militari, per arrivare davanti la sede palermitana di Leonardo, davanti la quale è stata versata per terra della vernice rossa a simboleggiare il sangue ed esposti cartelloni con foto dei bombardamenti in Palestina, Ucraina e Siria. Lo stabilimento di Palermo fa parte della Divisione Elettronica di Leonardo e sviluppa sistemi di amplificazione segnali microonde per applicazioni avioniche e militari. Leonardo nasce nel 1948, ma le sue radici industriali sono molto più antiche. Molte aziende che, nel tempo, sono confluite nel Gruppo, talvolta cambiando nome e settore di attività, hanno origini che risalgono ai primi del 1900 e, in qualche caso, al diciannovesimo secolo. Questi sono solo alcuni esempi di una tradizione industriale di eccellenza in tutti i settori di business e di un gruppo internazionale che realizza capacità tecnologiche in ambito Aerospazio, Difesa e Sicurezza. Oggi in Leonardo, protagonista dei principali programmi strategici a livello globale, lavorano migliaia di persone.
“L’Italia e l’Europa sono sempre più coinvolte nell’escalation bellica e la Sicilia ricopre sempre più un ruolo strategico e militare importante al centro del Mediterraneo, il MUOS a Niscemi e le basi militari americane presenti nell’isola sono un chiaro esempio dell’utilizzo della Sicilia per fini di guerra”, hanno affermano gli attivisti in strada, “I conflitti in Ucraina, in Palestina, in Siria, sono alcuni degli scenari di guerra in atto in cui il governo Italiano assume un ruolo tutt’altro che di semplice osservatore”.
Di Francesco Militello Mirto – EmmeReports
Foto di Victoria Herranz, Antonio Melita, Francesco Militello Mirto – EmmeReports