Abiti come sculture, opere d’arte in movimento ispirati alle grandi imperatrici del passato. I volumi delle gonne ed i corsetti di Elisabetta I e Maria Antonietta rivivono leggeri come nuvole di tulle nelle creazioni del couturier Davorin Cordone. Lo stilista palermitano, eccellenza della sartoria e del design di moda della nostra isola si racconta in questa intervista e parla di ricerca di bellezza, tecnica, stile e passione per l’haute couture.
Iniziamo parlando del suo percorso artistico e professionale.
Dopo aver frequentato il liceo artistico di Palermo come capisci di essere attratto dal mondo della moda?
“Già all’interno del liceo artistico ho frequentato un laboratorio di moda e lì ho capito di essere incuriosito dal mondo del fashion design. Una mia docente mi ha fatto da mentore e mi ha fatto scoprire l’Accademia del Lusso: il corso di formazione che poi ho intrapreso dopo il diploma”.
I tuoi capi d’abbigliamento sono tutti tagliati, cuciti e lavorati interamente a mano da te. Già da piccolo conoscevi i segreti della sartoria?
“In realtà no. Ho conosciuto il mondo del taglio e del cucito nel momento in cui ho iniziato a frequentare, appunto, l’Accademia del Lusso. Lì per la prima volta ho preso in mano, ago, filo e forbici. Prima di allora non avevo la minima idea di come si costruissero gli abiti. Non avevo idea neanche di cosa fosse un carta modello”.
Tagliare, un po’ come disegnare, come pensare, determina la superficie del vestito, crea la forma dal nulla, il rivestimento dal vuoto.
Forbici che delimitano, generano superfici con gesto sicuro, decisivo, quanto rudimentale, creano involucri, sostituiscono l’attillato al drappeggiato e regalano l’anima all’abito.
Dall’idea, al bozzetto, all’atto sapiente del taglio le creazioni del venticinquenne palermitano Davorin prendono forma e diventano linguaggio.
La moda per te è questo linguaggio?
“Sì. La moda per me è linguaggio, essa stessa testo e soprattutto bellezza. Mi definisco un ricercatore della bellezza, appunto. Sin da piccolo mi sono considerato un esteta. Sono sempre stato attratto da quello che ho considerato bello. Ognuno di noi ha naturalmente un concetto diverso di bellezza. Io vado alla ricerca di ciò che il mio gusto e la mia passione mi trasmettono.”
Cosa è per te femminilità e qual è la missione del tuo design?
“Femminilità, penso sia confidenza, quindi una donna che si sente confidente, che sta bene con sé stessa e con quello che indossa. Quello che faccio attraverso questo lavoro è enfatizzare questo concetto. Voglio che la donna che vesto si senta femminile, elegante, brand è dare forza alle donne attraverso l’immagine”.
Abito come seconda pelle, medium, comunicazione e dinamica tra i corpi e le persone. Pelle simbolica che costruisce le caratteristiche del sé, sex appeal dell’inorganico. Abito che sia messaggio di forza, potere e bellezza.
Da Dove prendi ispirazione per la tua ricerca estetica?
“Mi sono sempre ispirato alle grandi imperatrici e regine del passato come Elisabetta I d’Inghilterra. L’impatto visivo dei miei abiti deve essere quello: una donna maestosa che non ha paura di nulla, né di osare, né di non piacere. Una donna che abbia una sua interezza, che non sia sicuramente una tra le tante, seducente, avvolta dal mistero della camminata carica di allure. Per quanto riguarda i grandi artisti del passato ho sempre prediletto gli scultori come Canova o Bernini per la forza dei panneggi, dei drappi e dei volumi che possono essere creati solo attraverso l’arte scultorea”.
Donne fuori dal tempo che indossano vestiti, seconda pelle che le scostano dall’abisso del vuoto. Abiti come supplemento del desiderio, tessuti a mano come moderne tele di Penelope, ricchi, carichi di merletti, pizzi, tulle e perline, somigliano a paramenti sacri, preparano il soggetto alla consacrazione, proteggendolo dalla paura della morte, della castrazione e dell’oblio.
Cosa ti affascina delle donne comuni che vedi per strada e cosa non credi sia affatto femminile in ciò che indossano?
“Quello che mi attrae per prima cosa è sempre la camminata di una donna ed il modo in cui può cadere una gonna o può essere portato un accessorio come una borsa, il tacco alto come estensione della gamba e del portamento. Quello che non mi attrae di una donna è la non confidenza, l’insicurezza, il non sapersi mettere in relazione e come accessorio che si usa molto questa stagione non prediligo le scarpe flat, che non reputo assolutamente femminili”.
Una diva del cinema che vorresti vestire in questo momento storico?
“La mia più grande fonte di ispirazione è Charlize Theron. Amo ciò che possono trasmettere le donne mature: possiedono più carisma e sono più consapevoli del loro essere donne più di quanto lo possano essere le ventenni, ancora non nella loro interezza”.
Come sarà vestita la donna di Davorin Cordone Maison per questo Autunno-Inverno?
“Non amo molto seguire le tendenze. Saranno abiti dalle tinte pastello che impreziosiranno il corpo femminile. Infatti, per questa nuova collezione , ho deciso di prendere una pausa dal nero, anche se è un colore che io prediligo. Nella nuova collezione si possono ammirare colori come il glicine, menta, pesca, tonalità tenui, delicate, che ricordano un po’ i colori della Primavera del Botticelli. Donne vestite da veli impalpabili e da elementi della natura.”
Abiti gioielli da passerella pensati in pochi istanti come visioni oniriche che si materializzano prima nel bozzetto, nel disegno e poi con il taglio.
Stoffe scelte attentamente, fatte arrivare dalla Libia, ricami montati ad opera d’arte attraverso la tecnica dell’incrostazione, giorni e notti per la realizzazione di vestiti, poemi di esteriorità e di bellezza.
Tante le riviste come Vogue, l’Officiel, Schon dove i capi di Davorin Cordone Maison sono stati fotografati e pubblicati. Diverse le passerelle come Alta Moda Roma, Festival del Cinema di Venezia, Alternative Hair Show d’Inghilterra, Fashion Weeks di Parigi e Milano, International Visionary Awards.
Lo stilista siciliano ha vestito personaggi come: Fredrik Robertsson, Chiara Iezzi, Mila Suarez, Sabrina Hammami, Sara Muzi, Sijia Coco Christina, Elsa Martignoni, Alessandra Salerno, Stella Castello.
Gli abiti di Davorin Cordone si presentano come silhouette visivamente potenti, vestiti non solo come necessità per coprire il nudo, ma costruzioni di ricerca.
Indagine di personalità, investigazione, che ha in primis la donna che vuole contenere, essere contenuta e conoscersi attraverso l’abito e attraverso esso reclama l’esistenza stessa del corpo.
Di Alessandra Costanza – EmmeReports