In un articolo, pubblicato nel periodo estivo, per presentare un piatto tipico (il brociolone), avevo descritto una scena natalizia esortando i lettori a immedesimarsi affinché provassero sollievo dalla calura estiva, sicuramente destando in loro non poche perplessità e in più correndo il rischio che molti pensassero fossi “fuori di testa”.
Oggi quella descrizione è reale. Ci sono le luci natalizie che illuminano le vie di Palermo, quelle intermittenti degli abeti che si scorgono dietro le finestre e ci sono i miei concittadini che si riparano dal freddo con il bavero del cappotto, alzato fin sotto al mento. Solo un particolare accessorio mancava in quella realtà costruita dall’immaginazione: la mascherina, che mai avremmo pensato di indossare poiché mai avremmo creduto di vivere una situazione quasi surreale.
Non avremmo mai immaginato una Vigilia dell’Immacolata “ristretta”, così come saranno le prossime feste poiché noi siciliani sappiamo “stringerci” a tavola, ma soltanto per recuperare qualche posto in più. Quest’anno nella casetta dei sette nani si sorteggerà chi dovrà uscire, tranne Biancaneve che cucinerà, invece nella baita in montagna fra sette spose e sette fratelli, non si conteranno le offese di coloro che saranno estromessi e i sette caprettini verranno denunciati dal lupo, vicino spione.
Ma, scherzi a parte, su questo Natale che si avvicina non c’è nulla da scherzare e se lo si fa è per allentare quella pesantezza che, inutile negarlo, tutti avvertiamo. Le famiglie sono divise, tanti esercizi commerciali hanno ridotto il personale e tante, troppe le perdite. Dobbiamo però continuare a sperare e le luci colorate che illumineranno queste feste, accompagneranno la nostra Speranza. Che la luce possa dissipare il buio causato da questo maledetto virus e che un poco di dolcezza sulle nostre tavole possa allontanare, anche se per brevi momenti, l’amarezza. Un dolcissimo dolce, tipico della tradizione siciliana e immancabile durante le festività natalizie, è il buccellato chiamato in dialetto cucciddatu.
U cucciddatu solitamente è la solenne conclusione dei pranzi nei giorni di festa e in particolare del pranzo di Natale ed è nato dal perfetto connubio tra due tradizioni: quella Toscana e quella araba.
Nel Medioevo a Lucca veniva preparato un dolce morbido che aveva la forma di una ciambella, considerato povero per gli ingredienti usati ovvero farina e acqua cui veniva aggiunta l’uvetta.
Con l’arrivo a Palermo di una comunità lucchese la ricetta si diffuse, ma subì l’ascendente arabo e il dolce si arricchì di nuovi ingredienti, come zuccata, arance, mandorle, cannella e fichi secchi. Questi ultimi, in estate, vengono “incannati” ovvero legati con dello spago a una canna e lasciati essiccare al sole. A quanto sembra u cucciddatu è sicuramente l’antenato del panificatus romano e il suo nome deriva dal latino buccellatum, un pane rotondo a forma di ciambella che veniva poi spezzettato in bocconi più piccoli, i buccelli.
Il termine buccella, che deriva dalla parola buccina ossia la tromba ricurva utilizzata dai legionari romani, venne utilizzato proprio per indicare il pane a forma di ciambella che gli imperatori facevano distribuire al popolo dal buccellaro, probabilmente poi storpiato in buccellato. Inizialmente gli ingredienti venivano impastati tutti insieme, ma nei secoli successivi, quando la pasticceria divenne più raffinata vennero differenziati: uno per l’esterno e l’altro per il ripieno.
Oltre che in Sicilia, troviamo preparazioni simili anche in Calabria come pane rituale, in Friuli prende il nome di Perseghin, Bussiarei in Emilia e Bussolani in Veneto. U cucciddato palermitano, sia esso casalingo che preparato in pasticceria, ha la classica forma di una ciambella e anche noi come i romani lo tagliamo in piccoli pezzi, anche perché non sarebbe possibile consumarne in quantità industriali, data la corposità del ripieno particolarmente dolce. A ogni morso il friabile esterno di pastafrolla si sgretola svelando al suo interno quegli ingredienti che, seppur sapientemente amalgamati, si scindono.
La zuccata, l’arancia candita che ha in sé tutto il sole della Sicilia, l’impareggiabile croccantezza delle mandorle e infine il sapore dell’estate racchiuso nei fichi secchi, esplodono in un tripudio di sapori che si completano con l’aroma della cannella. Ovviamente come ogni ricetta tradizionale, anche questa subisce delle variazioni a seconda della zona in cui viene preparata.
Quando u cucciddatu viene posto al centro della tavola quella forma rotonda dai bordi bombati che presentano una sorta di merlatura potrebbe richiamare, a seconda della fantasia personale, la forma circolare delle classiche ghirlande natalizie. Ma chi ha una fantasia più fervida nel dolce dalla lucida superficie smerlata, su cui vengono posti degli spicchi di fichi e ciliegie canditi, ravvede in essa una corona il più rappresentativo simbolo della regalità che rende principesca ogni tavola della città.
RICETTA DI NONNO ENZO PER 4 CUCCIDDATI DA 500 gr ca.
Ingredienti per la pastafrolla
1 Kg di farina 00
350 gr di strutto
350 gr di zucchero semolato
50 gr di miele
10 gr di ammoniaca
2 uova intere
Un pizzico di vaniglia
150 ml di acqua o latte
Per 300 gr ca. di ripieno
Fichi secchi spezzettati q.b.
50 gr di mandorle tostate e spezzettate
50 gr di uva sultanina
50 gr di gocce di cioccolato
Scorzetta d’arancia e zuccata q.b.
Facoltativa, ½ buccia di manderino (noi diciamo così)
Un pizzico di cannella
Marmellata di albicocche o arance per “legare” gli ingredienti
Preparazione
Impastare insieme gli ingredienti per la pastafrolla, fino a ottenere un impasto liscio, e omogeneo cui dare la forma di una palla e lasciare riposare per 1h ca. Frullare grossolanamente i fichi già fatti ammorbidire in acqua tiepida e aggiungere il resto degli ingredienti. Tagliare la pasta frolla in 4 pezzi, spianarli con il mattarello e ottenere dei rettangoli di 5 mm ca., larghi abbastanza per essere richiusi. Porre il ripieno sulla pasta frolla, avvolgere formando una sorta di cilindro, chiudere le estremità e congiungerle per dare la tipica forma “a ciambella”. Senza appositi attrezzi per decorazioni, basterà forare la superficie con una forchetta. Infornare a 200° ca. per 30/40 minuti, fino completa doratura. Spennellare con la marmellata e riporre in forno ancora per 5 minuti. Guarnire con frutta candita a piacere, granella di pistacchio o soltanto zucchero a velo.
Buone Feste
di Monica Militello Mirto – EmmeReports