Nei freddi mari del Nord Europa in un numeroso banco di grossi merluzzi, due di essi sono impegnati in una discussione: “Io sto cca fiss, così non mi vede nessuno”. Dice uno dei due con antenati senza ombra di dubbio partenopei. “Sei un baccalà, più ti muovi meno rischi” risponde di rimando l’altro con un accento marcatamente siculo, perché si sa che dalla Sicilia molti si sono trasferiti al Nord in cerca di fortuna. Nel caso di questo pesce la sua durerà poco, purtroppo, poiché la chiglia di un peschereccio si avvicina sempre più. Breve storia triste di due esemplari di Gadus morhua conosciuto come merluzzo bianco, differente da quello pescato nel Mar Mediterraneo, il Nasello per esempio, che non viene utilizzato per produrre il baccalà e che appartiene a una specie diversa.
Esiste anche un’altra varietà presente sia nelle acque fredde dell’Atlantico che nel Pacifico, ma il quantitativo maggiore che verrà poi trasformato in stoccafisso e baccalà proviene prevalentemente dai mari del nord Europa.
La particolarità di questi grossi merluzzi è quella di produrre una proteina simile a un antigelo che gli permette di sopravvivere nelle acque glaciali dei mari del Nord e la loro carne è bianca, delicata, ricca di proteine, vitamine e sali minerali.
Particolarmente pregiato è il pescato delle Isole Lofoten, un arcipelago della Norvegia da cui proviene la maggior parte dello stoccafisso consumato in Italia.
La differenza tra lo stoccafisso e il baccalà risiede nel metodo di conservazione: il primo viene essiccato, mentre il secondo è conservato sotto sale.
Sull’origine del nome sono state fatte diverse ipotesi. Alcune fonti ritengono che il termine stoccafisso derivi dal norvegese stokkfisk, a sua volta proveniente dall’olandese antico stocvisch, ovvero “pesce a bastone”. Altri invece lo associano all’inglese stock fish, pesce da stoccaggio, preso sempre “in prestito” dalla parola olandese.
Baccalà, invece, potrebbe derivare dal tedesco bakkel-jau una trasposizione del vocabolo Kabel-jauw (olandese), ovvero “duro come una corda”, in spagnolo bacalao, e in portoghese bacalhau.
In Siciliano nessun dubbio in merito, ma solo certezze: piscistoccu e baccalaru. Da intendersi quest’ultimo anche quale termine poco edificante, se rivolto a qualcuno in particolare. Quando un siciliano dice “si’ un baccalaru” (sei un baccalà) fa riferimento a un individuo privo di carattere e spesso stolto, sebbene tale termine abbia anche un altro significato che trascende nella volgarità ed è meglio non approfondire.
Come solitamente accade per ogni preparazione della nostra tradizionale gastronomica, anche questa subisce variazioni a seconda della zona e se nel messinese si predilige lo stoccafisso, nel palermitano regna sovrano il baccalà, un tempo considerato il pesce dei poveri.
Si può gustare bollito con olio e limone e a sfincione, ma la preparazione più diffusa è u baccalà cchi passuli (baccalà con l’uva passa).
È un piatto con cui il 7 dicembre sera si aprono le panz… Ops le danze, ovvero la lunga serie di “banchetti natalizi”, ma c’è chi lo preferisce per il pranzo di Natale ed è per molti l’immancabile protagonista del cenone di San Silvestro. Non mancano però i ritardatari che attendono il giorno dell’Epifania per gustare questa ghiottoneria dal sapore intenso e variegato.
Il sapore forte del pesce, mitigato dalla polpa di pomodoro che odora di aglio e prezzemolo, misto al corposo gusto delle olive nere e infine l’uva passa la cui dolcezza, apparentemente preponderante sul resto degli ingredienti, rappresenta invece quel contrasto che rende unico questo piatto.
E mentre la sera del 5 gennaio ogni cuoca si appresta a preparare il tutto per il pranzo del giorno che tutte le feste porta via, in un luogo senza tempo una vecchina dal naso adunco ha già pronta la sua scopa e volerà tutta la notte con il suo pesante sacco sulle spalle. Così come un tempo in una terra lontana la sua antenata Babuska, nella ricerca del Bambin Gesù lasciava regali in ogni casa per la gioia dei bimbi, la nostra Befana porterà doni ai più piccoli e Speranza ai più grandi.
Buona Epifania!
BACCALÀ CON L’UVA PASSA
Ingredienti
1 kg filetti di baccalà già ammollato a pezzi
400 g polpa di pomodoro a pezzetti
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
un mazzetto di prezzemolo
100 g uva passa grossa
200 g olive nere snocciolate
olio extravergine di oliva
pepe
Preparazione
Lavare il pesce in acqua corrente. In un tegame capiente, mettere la cipolla affettata, lo spicchio d’aglio schiacciato e l’olio. Fare imbiondire e aggiungere il pomodoro, il prezzemolo tritato, le olive e l’uva passa già ammorbidita in acqua tiepida. Lasciare insaporire il tutto per un paio di minuti mescolando lentamente. Aggiungere un poco d’acqua calda e portate a bollore per 10 minuti circa, poi immergete il pesce. Coprire il tegame e fare cuocere a fiamma bassa per 20 minuti circa facendo attenzione che il pesce non si attacchi al fondo.
Servire ben caldo, aggiungendo un filo d’olio EVO (olio extravergine d’oliva).
Buon Appetito!
di Monica Militello Mirto – EmmeReports