“Luce da luce” esce da Palazzo Riso per l’opera ambientale di Laura Panno, nella Cappella di Santa Maria Incoronata che è a fianco della Cattedrale di Palermo.
L’allestimento dei lavori della professoressa, docente di tecniche dell’incisione all’accademia di Brera, raccoglie svariate opere che punteggiano lo spazio sconsacrato della Cappella e la sottostante sala ipostila. Sono lavori realizzati con tecniche e materiali diversi, poste a dialogare con l’architettura e soprattutto con la storia millenaria che vi è passata dentro.
La Cappella, infatti, fu edificata in periodo normanno usando la struttura di una preesistente moschea, della quale si possono ancora leggere particolari costruttivi rimasti assorbiti nel nuovo riuso. Per diversi secoli fu il luogo sacro che accoglieva l’incoronazione dei re di Sicilia, quando ancora era unita alla chiesa cattedrale per poi permettere l’affaccio pubblico del monarca di fronte ai sudditi acclamanti. La spoglia e ancestrale bellezza di questo spazio, caratterizzata dalla regolarità e perfezione della pietra tagliata ha quindi visto il succedersi di regni cristiani e l’intrecciarsi delle generazioni e del tempo.
Vedere lo scorrere della storia si lega strettamente all’estetica di Laura Panno e il passaggio stilistico che manca nella Cappella per arrivare al mondo moderno lo aggiunge l’artista, sospendendo una cornice dorata, parziale, logora, ma capace di rendere i fasti barocchi, per inquadrare la luce che filtra dallo strombo della monofora absidale. In questa scatola del tempo e delle civiltà, scarnata fino ai suoi elementi più intimi e strutturali cominciano a dipanarsi i lavori dell’artista trevigiana.
Sono opere rarefatte, apparentemente lontane dalle anatomie scultoree e dal tema dei corpi che hanno caratterizzato i suoi primi anni di ricerca, dopo l’Accademia di Belle Arti a Venezia. Allora erano figure complete, possenti, ma la sua attenzione veniva sollecitata dall’evanescente bellezza dello spazialismo nella pittura astratta di Edmondo Bacci, dallo smaterializzarsi nelle sculture di Fausto Melotti. Questi volumi cromatici, quelle fusioni che diventano grafiche tridimensionali e leggerissime, le ritroviamo ora negli interventi di colore sui volti e nelle reti di metallo che evocano palpebre, membra, carne.
Entrando nella Cappella siamo accompagnati da una processione di volti che introducono ad una costante nell’arte della Panno: lo sguardo.
Opere polimateriche, fotografie su cui colore e garze metalliche, segni e sottolineature accentuano la fissità dei visi multietnici, silenti, attenti o solo presenti coi loro occhi chiusi e insondabili. Sulla luce si gioca la partita degli sguardi, dell’osservare e dell’essere osservati. Senza luce il bagliore degli occhi manca, lo sguardo epifania del mondo interiore, nel momento in cui si esprime affascina e fulmina, seduce o uccide. Rivela colui che guarda e svela colui che viene guardato. La relazione fra corpi si può astrarre in uno scambio di sguardi, l’essenza di un essere può concentrarsi in questo dimenticando il resto. Come la Cappella rimane attraverso secoli e civiltà, perdendo il transitorio ma non il sacro, così resta negli occhi l’essenza di un dialogo, di un giudizio, di un’attrazione, mentre il corpo si perde nei meandri del tempo.
Avvicinandoci alle radici più antiche della struttura gli occhi soffiati nel vetro di Murano si moltiplicano. Così descrive l’opera la Curatrice, Rosaria Raffaele Addamo: “L’installazione Occhi/lacrime, disposta nella sala ipostila della Cappella, presenta occhi vitrei, potenti, algidi che, nel misurato disporsi, segnano lo spazio della sala con la loro trasparenza e fluidità illuminata: una visione intima di sguardi, di forme piene e di forme aperte, cave, forme ancestrali, archetipe, all’origine della vita”.
Gli occhi di vetro soffiato, rigettati in fusione per dargli più corpo, peso, rotondità, si allungano, sembrano scivolare, trasformarsi in lacrime. Sono occhi sempre aperti e fissi, come quelli tondi e generosi che Laura Panno ha colto qui in Sicilia, dopo le mattanze, nei mercati del pesce, nei corpi appena uccisi dei tonni. Occhi stupiti, testimoni della propria morte, occhi che non ci lasciano. Vigili, drammaticamente vigili. La Cappella ci interroga e l’osservatore diventa improvvisamente piccolo e nudo davanti agli sguardi della storia e del tempo.
“Luce da luce” Riso – Museo d’arte Moderna e Contemporanea,
Cappella dell’Incoronata, Palermo
di Massimiliano Reggiani – EmmeReports
(foto ©Fabio Sgroi, AFR Archivio Fotografico Riso)