A pochi passi dai Quattro Canti e dai punti di attrazione più importanti di Palermo, il Complesso di Palazzo Galletti Santamarina, testimonianza di grande valore architettonico nel patrimonio storico della città, apre le sue porte, dopo 4 anni di restauro, con tre anime diverse: residenziale, ricettiva e commerciale. Tre destinazioni accomunate dallo stesso approccio, all’insegna di eccellenza, sicurezza sanitaria e valorizzazione storico-artistica.
Palazzo Galletti dei Marchesi di Santamarina sorge nel mandamento Monte di Pietà in prossimità della chiesa di Santa Ninfa.
A 500 metri tra il Teatro Massimo (da cui si può ammirare la cupola) e la Cattedrale, l’area è abbracciata da via Maqueda, via del Celso, Discesa Santamarina e via dei Candelai.
Sotto la guida di Francesco Miceli e Teotista Panzeca, i lavori di restauro del palazzo sono iniziati nel 2017 e terminati nel 2019 per volontà della Santamarina Luxury Suite, società composta da due famiglie siciliane di imprenditori, i Gargiulo e i Tumbarello, che si sono uniti in una visione e in uno sforzo con pochi eguali a Palermo, da parte di privati.
“Ci siamo confrontati con un organismo edilizio complesso che richiedeva un’attenta valutazione degli interventi di restauro e precise scelte progettuali che consentissero la restituzione della testimonianza storica – nel vasto repertorio di elementi architettonici che via via si sono sovrapposti in un arco temporale che va dal ‘300 al ‘500 sino alle notevoli trasformazioni avvenuti nella seconda metà del ‘700 – adeguandola alle nuove funzioni a cui era destinato”, ha affermato l’architetto Francesco Miceli, presidente del Cnappc, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.
Anche da un punto di vista tecnologico, l’intervento è stato puntuale e significativo. Nonostante il forte stato di abbandono in cui si presentava l’intero edificio, ma grazie ad alcuni elementi che hanno consen- tito di limitarne il degrado – come le dimensioni delle mura – “si è operato un risanamento strutturale in un continuo impegno tecnologico-realizzativo nel tentativo di mantenere la struttura così come pervenuta, con integrazioni di ricucitura strutturale, al fine di migliorare la sicurezza in ogni sua parte. Tale obiettivo è stato raggiunto introducendo una tecnologia basata sul principio di massima leggerezza e di connessione efficace tra le parti, attraverso, per esempio, l’impiego di travi di legno e capriate Polanceau per le coperture, e funi di acciaio, secondo una vecchia tecnologia, letta in chiave moderna”, ha spiegato l’ingegnere Teotista Panzeca, già professore ordinario di Scienza delle Costruzioni della Facoltà di Architettura di Palermo.
I lavori nella loro totalità si sono conclusi nel 2021 con l’apertura delle attività. Sono stati caratterizzati da fasi diverse: strutturale, archeologica e di restauro conservativo, sia lapideo che pittorico. Il tutto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai Beni Culturali.
Qui è stata condotta una campagna archeologica imponente, con 18 mesi di scavi, realizzata fianco a fianco ai Beni Culturali della Regione Sicilia. Gli scavi hanno portato al rinvenimento, nell’atrio del Palazzo, di un’area di 350 mq tra le mura puniche, oggi rifunzionalizzata e adibita a centro fitness di alto livello. Sotto l’atrio è stato rinvenuto un ex rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale dove è stato ricavato un moderno centro benessere. Il restauro conservativo ha anche portato al recupero dell’arco ogivale di 12 metri a doppia ghiera, ex ingresso della città punica, così come delle cinta di fortificazione del Cassero, risalenti all’anno 1000, su cui era stata costruito parte del Palazzo.
Il progetto ha inteso far coesistere gli elementi tipici originari rinvenuti – paramenti murari bicromi, bifore, archi e mensole di impianto Medioevale, affreschi esterni – con elementi di nuova realizzazione dal gusto moderno, in un mix avveniristico di pareti e pavimenti in vetro continuo. I cento metri di mura di fortificazione, lasciati a vivo, per esempio, oggi sono protagonisti degli spazi del Palazzo – dall’olfattorio ai ristoranti e alla sala fitness – testimoni di un’atmosfera unica, sospesa tra passato e futuro, tra antichità e innovazione.
“Con la scelta dei materiali e con scelte progettuali volte a valorizzare gli spazi interni ricchi di elementi di pregio architettonico – ha spiegato Miceli – siamo riusciti ad ottenere un risultato di qualità in cui convivono il segno storico ed il linguaggio dell’architettura contemporanea, rifuggendo dalle soluzioni diffuse e consuete in cui prevale l’omologazione a schemi preconfezionati che finiscono quasi sempre per falsare, e quindi tradire, il valore storico dell’organismo architettonico oggetto d’intervento”.
“Gli interventi di messa in sicurezza – ha affermato Panzeca – sono stati eseguiti nel rispetto delle tecniche costruttive esistenti e all’insegna di efficacia, durabilità e reversibilità, controllando lo stato di sforzo attraverso l’introduzione di sensori, infatti, si può intervenire senza lavorazioni distruttive sulle strutture”.
Ma lo sviluppo richiama la sostenibilità. Ecco perché il Palazzo ha abbracciato il tema eco-friendly attraverso un progetto di bioedilizia e un sistema costruttivo privo di prodotti chimici. La struttura oggi è a emissione 0 con impianti di climatizzazione e raffreddamento ad acqua e gas free.
Il progetto di rifunzionalizzazione del sito, molto innovativo per la città di Palermo, è stato possibile anche grazie al know how della famiglia imprenditrice che ha qui portato la propria visione unita a un investimento straordinario per il territorio. Una grande scommessa in un punto del centro storico ancora degradato a quel tempo. Da uno stato di forte abbandono si è riportato alla luce un palazzo dal grande valore storico-artistico, valorizzando uno dei punti più importanti del centro storico palermitano.
L’intervento su Palazzo Santamarina, infatti, ha riqualificato anche la via del Celso. Un tempo strada isolata e satellite della via Maqueda, è oggi diventata una via protagonista dell’asse, luminosa e accogliente, sede di un dehor ben attrezzato, e su cui svetta maestoso il portone del Palazzo sulla facciata medievale, da cui si può apprezzare l’armonie di bifore e bicromia a conci alternati di arenaria e pietra lavica, secondo lo stile delle costruzioni medievali toscane, in un motivo decorativo di ascendenza continentale che si ritrova in pochi altri esempi in Sicilia. Non a caso si è scelto di tenere il portone d’accesso aperto, per sottolineare il protagonismo del palazzo sulla via, e apprezzare già dalla strada la corte interna.
Una realtà resa possibile, e che ha dato lavoro a più di 40 persone e a un centinaio di operai impegnati in contemporanea durante i lavori, con stop e rallentamenti a causa del Covid-19. Se è vero, infatti, che l’emergenza sanitaria ha influito negativamente sugli interventi – a causa delle difficoltà nel reperimento dei materiali, ma anche creando preoccupazioni rispetto a un futuro incerto – è vero anche che la società ha invertito la rotta, avviando con ottimismo e fiducia le sue attività.
Il fil rouge che le caratterizza è la proposta di un modello virtuoso, con una formula che, nonostante le crisi e le frizioni dei settori coinvolti, ribalta positivamente i limiti attuali. Se la situazione sanitaria e le misure anti-Covid hanno ridotto e ridimensionato i luoghi e le occasioni di socialità, i viaggi, gli spostamenti e le attività di palestre, spa, ristoranti e alberghi, Palazzo Santamarina, offrendosi al pubblico come luogo sicuro, intende fare proprio di questi limiti un elemento di forza.
Un modello di sicurezza che sposa anche una precisa idea di accoglienza. Questo è un palazzo nobiliare dove la famiglia proprietaria accoglie il turista con quella cordialità e generosità tipiche dell’accoglienza siciliana. I pregi di una struttura esclusiva ed elegante, ma non formale, dove è la dimensione intima e familiare che vince sul lusso, secondo un concept che non ha eguali a Palermo.
di Redazione – EmmeReports